Gestire il rischio amianto significa affrontare varie fasi di un processo quali: accertarne la presenza in qualsiasi contesto (residenziale, industriale, artigianale, commerciale, pubblico), valutare il rischio correlato a questa presenza, effettuare una corretta manutenzione dei manufatti nei quali è stata ne è accertata presenza, progettare interventi di bonifica nel rispetto di specifiche procedure, effettuare appropriate operazioni di bonifica ed eseguire un corretto smaltimento finale. Considerato il grado di rischio per la salute e per l’ambiente, connesso a ciascuna di queste fasi, queste ultime devono essere necessariamente gestite da professionisti e imprese, qualificati e abilitati. Proprio per questo motivo la normativa italiana vigente prevede la predisposizione di specifici corsi di formazione professionale, con rilascio di titoli di abilitazione mentre le imprese che intendono svolgere le attività di bonifica da amianto sono obbligate a iscriversi all’Albo nazionale gestori ambientali, nella categoria 10 “Bonifica dei beni contenenti amianto”. Questa deve essere la principale consapevolezza del committente, pubblico o privato, che deve commissionare le attività di cui sopra, le quali devono essere attuate tenendo conto di una serie di elementi come il quadro legislativo in materia, i compiti e gli obblighi dei soggetti coinvolti, le specifiche procedure gestionali inerenti a ciascuna di esse e così via.

L’accertamento

Accertare la presenza di amianto in un edificio, sia esso privato o pubblico, è il primo obbligo per il proprietario e/o il gestore delle attività perché solo così si può essere certi di privilegiare la protezione delle persone e dell’ambiente, senza incorrere in esposizioni inconsapevoli al rischio. Sono tanti, in particolare gli enti pubblici, titolari di patrimoni edilizi, che non hanno ancora provveduto a questo tipo di accertamento.

Il legislatore non precisa chi debba effettuare l’attività iniziale di individuazione delle strutture sospettate di contenere amianto e del successivo eventuale prelievo di campioni di massa e di aria, da sottoporre a laboratori qualificati, per cui chiunque sarebbe autorizzato a eseguirla esponendo così a rischi rilevanti persone e ambienti. Inoltre, ai sensi dell’articolo 248 del cosiddetto testo unico sicurezza (D.Lgs. n. 81/2008) i datori di lavoro, prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, hanno l’obbligo di adottare qualsiasi misura necessaria per l’individuazione della presenza di materiali a potenziale contenuto di amianto, eventualmente chiedendo informazioni ai proprietari dei locali. In caso di minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, è necessario applicare le disposizioni previste dalla normativa vigente per i manufatti contenenti amianto. A questo proposito si ritiene semplicistico e banale, “chiedere” informazioni a chi semplicemente ha la titolarità giuridica dei locali, come prevede il legislatore. Solo in ambito lavorativo e limitatamente ai campioni di aria, il legislatore, all’articolo 253 del testo unico sicurezza riguardante il “Controllo dell’esposizione” in ambiente di lavoro, al comma 2, precisa che il prelievo dei campioni di aria “deve essere effettuato da personale in possesso di idonee qualifiche nell’ambito del servizio all’articolo 31”, vale a dire del servizio di prevenzione e protezione aziendale. Assoamianto ribadisce da anni che la ricerca corretta ed esaustiva della presenza di amianto dovrebbe essere affidata a chi ha le competenze per farlo come ad esempio a un coordinatore amianto, abilitato ex art. 10, legge n. 257/1997 e art. 10, D.P.R. 8 agosto 1994, a seguito della frequenza e superamento di un corso abilitante di 50 ore con verifica finale, perché questo soggetto potrà effettuare una ricerca mirata essendo in possesso di adeguate conoscenze sia circa gli ambiti ove è presente il rischio amianto sia relativamente alle tipologie di manufatti sospettati di contenere amianto, individuando, innanzitutto, le strutture sospette, predisponendo uno specifico protocollo procedurale inerente ai campionamenti dei materiali ed eventualmente ai monitoraggi ambientali. Solo in questo modo è possibile attuare criteri e procedure finalizzate a garantire una sufficiente rappresentatività dei campioni, evitando, oltre che l’esposizione dell’operatore ,la contaminazione dell’ambiente circostante mediante l’adozione di appropriate procedure operative. I campioni devono essere in seguito trasmessi a un laboratorio qualificato e autorizzato che procederà all’accertamento dell’eventuale presenza di amianto, della tipologia del medesimo, nonché eventualmente anche del dato quantitativo (percentuale in peso) sul contenuto. È necessario evidenziare come l’obbligo dell’accertamento della presenza di amianto vada nella stessa direzione del censimento dell’amianto, previsto dalla normativa italiana.

Il censimento

Riconosciuta la pericolosità dell’amianto, e in attuazione di specifiche direttive Ce, lo Stato italiano – con la legge n. 257 del 27 marzo 1992 – ha dettato norme per la cessazione dell’impiego e per il suo smaltimento controllato. Questa legge prevede, tra l’altro, all’articolo 10, il censimento degli edifici nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, con priorità per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti. Anche il D.P.R. 8 agosto 1994, all’articolo 12, prevede il censimento degli edifici nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, che ha carattere obbligatorio e vincolante per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico e di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti.

A questo fine occorre fornire almeno i seguenti elementi informativi: dati relativi al proprietario dell’edificio, dati relativi all’edificio, dati relativi ai materiali contenenti amianto. Solo poche Regioni hanno istituito l’obbligo della denuncia di tutti i manufatti, compatti e friabili contenenti amianto. Sarebbe opportuno invece che questo obbligo generalizzato venisse esteso all’intero territorio nazionale. Finora, infatti, sono non molti i Comuni, le Province e le Regioni che hanno eseguito o fatto eseguire un censimento diffuso dei manufatti contenenti amianto in edifici sia pubblici sia privati. Per quanto riguarda questi ultimi, il più delle volte gli enti che vi hanno provveduto hanno scelto la strada dell’autonotifica nel senso che hanno predisposto schede da far compilare ai cittadini e successivamente da restituire. Probabilmente questa non rappresenta la scelta più appropriata, in quanto indagare sulla presenza di amianto nell’ambito di un edificio, sia esso pubblico o privato, e accertarne l’effettiva presenza in materiali sia friabili sia compatti è compito che non può essere affidato semplicisticamente al proprietario o a chiunque non sia esperto della materia: per questa attività, infatti, sono strettamente necessarie conoscenze specifiche che può possedere soltanto chi ha seguito un corso di formazione ad hoc o almeno di informazione (la legge prevede specifici corsi di formazione per operatori e coordinatori amianto nonché per responsabili tecnici di imprese di bonifica da amianto). Pertanto, in questa ipotesi di autonotifica, innanzi tutto le schede dovrebbero essere uniformi sull’intero territorio nazionale e dovrebbero essere compilate e sottoscritte solo da chi ha specifiche competenze come ad esempio un coordinatore amianto, abilitato ex art. 10, legge n. 257/97, e art. 10, D.P.R. 8 agosto 1994.

La valutazione

Una volta accertata la presenza di amianto, è necessario eseguire la valutazione del relativo rischio, ai sensi del D.M. Sanità 6 settembre 1994. In particolare, occorre fornire indicazioni circa l’eventuale possibilità che l’amianto possa deteriorarsi o essere danneggiato nel corso delle normali attività. Il decreto ministeriale stabilisce che, per la valutazione della potenziale esposizione a fibre di amianto del personale presente nell’edificio, sono utilizzabili due tipi di criteri:

  • l’esame delle condizioni dell’installazione, al fine di stimare il pericolo di un rilascio di fibre dal materiale;
  • la misura della concentrazione delle fibre di amianto aerodisperse all’interno dell’edificio (monitoraggio ambientale).

Questo è quanto prescrive la normativa specifica. Invece, in Italia, per la valutazione del rischio amianto sono stati adottati algoritmi da vari organismi, utilizzabili e applicabili da chiunque, anche da chi non ha alcuna preparazione specifica e molto spesso questi algoritmi consentono una valutazione abbastanza approssimativa del delicato e importante rischio amianto.

Purtroppo, frequentemente nel nostro Paese questi algoritmi sono considerati in piena sostituzione della valutazione ex D.M. 6 settembre 1994. Questo approccio non è accettabile, non solo perché questi algoritmi non sono affatto previsti dalla legge vigente, ma principalmente perché presentano un alto grado di soggettività. Occorrerebbe limitarne l’uso e in ogni caso considerarli solo in aggiunta, ma non in sostituzione, della valutazione ex D.M. 6 agosto 1994.

Invece, anche la valutazione del rischio amianto, così importante per la sicurezza e la protezione delle persone e dell’ambiente dovrebbe essere unicamente affidata a personale tecnico esperto e adeguatamente formato, come ad esempio a un “coordinatore amianto”, come già ricordato, abilitato ex legge n. 257/1992 e D.P.R. 8 agosto 1994.

La figura

La figura responsabile del rischio amianto, introdotta dal D.M. 6 settembre 1994, che deve essere nominata dal proprietario e/o dal gestore delle attività, con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i materiali di amianto, è certamente rilevante per la gestione del rischio amianto in qualsiasi contesto (residenziale, industriale, artigianale, commerciale, pubblico ecc.). Non è affatto accettabile che per essa il legislatore nazionale non abbia previsto alcuna formazione, visti gli importanti compiti cui questa figura è preposta, i quali presuppongono necessariamente competenze e conoscenze specifiche. Solo qualche Regione ha previsto, per questa figura, una formazione obbligatoria. Un obbligo di questo tipo andrebbe esteso all’intero territorio nazionale come da anni proposto da Assoamianto che in più occasioni ha ribadito la stretta necessità di istituzionalizzare la formazione specifica per questa figura. Il piano nazionale amianto, edizione marzo 2013, dal titolo “Linee di intervento per un’azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali”, approvato dal consiglio dei ministri il 21 marzo 2013, presentato al pubblico l’8 aprile 2013 e poi sottoposto al vaglio della conferenza Stato-Regioni, ha finalmente recepito questa proposta, prevedendo l’”istituzione di specifico patentino per la figura del responsabile amianto,” ma purtroppo il piano non è ancora operante.

Gli interventi

Secondo il D.M. Sanità 6 settembre 1994 “Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, dell’art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto”, la bonifica dall’amianto può eseguirsi con uno dei seguenti tre interventi.

  • Rimozione: elimina ogni potenziale fonte di esposizione e ogni necessità di attuare specifiche cautele per le attività che si svolgono nell’edificio. Comporta un rischio estremamente elevato per i lavoratori addetti e produce notevoli quantitativi di rifiuti pericolosi che devono essere correttamente smaltiti. In genere, richiede l’applicazione di un nuovo materiale, in sostituzione dell’amianto rimosso.
  • Incapsulamento: trattamento dell’amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che (secondo il tipo di prodotto usato) tendono a inglobare le fibre di amianto, a ripristinare l’aderenza al supporto, a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta. Non richiede la successiva applicazione di un prodotto sostitutivo e non produce rifiuti. Il rischio per i lavoratori addetti è generalmente minore rispetto alla rimozione. È il trattamento di elezione per i materiali poco friabili di tipo cementizio. Permanendo l’amianto nell’edificio, occorre mantenere un programma di controllo e manutenzione.
  • Confinamento: installazione di una barriera a tenuta che separi l’amianto dalle aree occupate dell’edificio. Se non viene associato a un trattamento incapsulante, il rilascio di fibre continua all’interno del confinamento. Rispetto all’incapsulamento, presenta il vantaggio di realizzare una barriera resistente agli urti. Occorre sempre un programma di controllo e manutenzione, in quanto l’amianto rimane nell’edificio; inoltre la barriera installata per il confinamento deve essere mantenuta in buone condizioni. Rispetto agli altri due interventi presenta un costo più contenuto.

Il decreto citato prevede altresì pochissimi esempi di manutenzione, bonifica e smaltimento di manufatti (amianto friabile, rimozione con la tecnica del glove bag, rimozione di copertura in cemento amianto), lasciando quindi senza alcuna indicazione sia l’organo di controllo e vigilanza sia l’impresa di bonifica relativamente agli interventi inerenti ad altri tipi di manufatti, frequentemente rinvenibili, ciascuno caratterizzato da propria specificità, come ad esempio canne fumarie in cemento amianto (in particolare murate), pavimenti vinilici contenenti amianto, terreni contaminati con amianto friabile o compatto e così via. Sarebbe pertanto auspicabile un ampliamento della casistica relativa a interventi di manutenzione, bonifica e smaltimento relativamente anche ad altri manufatti, presenti all’interno o all’esterno degli edifici o siti, oltre ai pochi previsti dal D.M. 6 settembre 1994. Con riferimento poi all’articolo 256 del testo unico sicurezza, comma 2, i lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, vale a dire iscritte all’albo gestori ambientali nella categoria 10 “Bonifica dei beni contenenti amianto”, dotate di personale gestionale e operativo (coordinatori operatori e amianto), abilitato ai sensi dell’articolo 10 della legge 27 marzo 1992 n. 257 e del D.P.R. 8 agosto 1994. Il medesimo articolo precisa altresì che, prima dell’inizio dei lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto ovvero di materiali contenenti amianto da edifici, da strutture, da apparecchi e da impianti, nonché dai mezzi di trasporto, il datore di lavoro deve predisporre un piano di lavoro. Questo piano deve prevedere le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la protezione dell’ambiente esterno. Copia del piano di lavoro deve essere inviata all’organo di vigilanza (asl competente per territorio) almeno trenta giorni prima dell’inizio dei lavori. Inoltre, se entro questo periodo di trenta giorni l’organo di vigilanza non formula motivata richiesta di integrazione o modifica del piano di lavoro e non rilascia prescrizione operativa, il datore di lavoro può eseguire i lavori. L’obbligo del preavviso di trenta giorni prima dell’inizio dei lavori non si applica nei casi di urgenza. In questa ultima ipotesi, oltre alla data di inizio, deve essere fornita dal datore di lavoro indicazione anche dell’orario di inizio delle attività. La trasmissione del piano di lavoro sostituisce gli adempimenti inerenti alla presentazione della notificaall’organo di vigilanza competente per territorio di cui all’articolo 250 del testovunico sicurezza. Inoltre, il datore di lavoro deve provvedere affinché i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione. Ciò premesso, si ritiene utile e opportuno prevedere la stesura e presentazione del piano di lavoro per qualsiasi intervento di bonifica (rimozione, incapsulamento e confinamento) e non solo per rimozione o demolizione come prevede l’articolo 212 oppure di incapsulamento previo trattamento preliminare, come previsto nell’Allegato 2 al D.M. 20 agosto 1999, non solo perché qualsiasi intervento di bonifica di manufatti contenenti amianto deve comunque essere eseguito da impresa qualificata, ma anche perché è possibile che in un intervento di semplice incapsulamento o confinamento possa rompersi, ad esempio, anche una sola lastra, per cui si ricadrebbe nell’obbligo di presentare un piano di lavoro per poter effettuare poi la sua rimozione. Pertanto, appare logico, opportuno e utile prevedere che per qualsiasi intervento di bonifica l’impresa di bonifica da amianto predisponga e presenti un piano di lavoro. Inoltre, sarebbe opportuno e utile che l’articolo 256, comma 5, del testo unico sicurezza prevedesse, all’occorrenza, il subentro di una nuova impresa (ad esempio, la seconda impresa potrebbe sottoscrivere il piano di lavoro della prima impresa e integrare la documentazione con i propri dati).

Un approccio innovativo

Ai sensi del D.M. Ambiente 27 settembre 2010, i rifiuti di amianto o contenenti amianto (rca) possono essere conferiti esclusivamente nelle seguenti tipologie di discarica:

  • discarica per rifiuti pericolosi, dedicata o dotata di cella dedicata;
  • discarica per rifiuti non pericolosi, dedicata o dotata di cella monodedicata, nella quale possono essere conferiti sia i rifiuti individuati dal codice cer 170605 (materiali da costruzione contenenti amianto) sia le altre tipologie di rifiuti contenenti amianto, purché sottoposti a processi di trattamento ai sensi di quanto previsto dal D.M. n. 248/2004 e con valori conformi indicati nel D.M. 3 agosto 2005, verificati con periodicità stabilita dall’autorità competente presso l’impianto di trattamento. Inoltre, il D.M del ministero dell’Ambiente, di concerto con i ministeri della Salute e delle Attività produttive, 29 luglio 2004, n. 248, in vigore dal 20 ottobre 2004, disciplina le modalità di trasporto e deposito dei rifiuti di amianto, nonché il trattamento, l’imballaggio e la ricopertura di questi rifiuti nelle discariche. In particolare, il provvedimento prende in considerazione anche i processi di trattamento finalizzati alla totale trasformazione cristallochimica dell’amianto, rendendo così possibile il suo riutilizzo prevedendo la possibilità dell’implementazione nel nostro Paese degli impianti di inertizzazione dell’amianto, che rappresentano lo smaltimento innovativo dell’amianto. La risoluzione del parlamento europeo 2012/2065(Ini) del 14 marzo 2013, reca “Minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all’amianto e prospettive di eliminazione di tutto l’amianto esistente”, e asserisce in sostanza di non ritenere il conferimento dei rifiuti contenenti amianto (rca) in discarica un sistema sicuro, sostenendo che gli impianti di inertizzazione sono di gran lunga preferibili e, infine, invitando la commissione a promuovere nel territorio dell’Unione la realizzazione di centri di trattamento e inertizzazione dei rca, prevedendo la graduale cessazione di ogni conferimento in discarica di questi rifiuti. Importante incentivare questi impianti o almeno metterli in grado di essere operativi, con l’introduzione di norme, ancora mancanti, come codici procedurali attuativi relativi ad aspetti progettuali e gestionali.

Il coordinatore

La legge n. 257/92 e il D.P.R. 8 agosto 1994 prevedono la predisposizione di specifici corsi di formazione professionale con rilascio di titoli di abilitazione. I corsi di formazione vengono articolati in relazione al livello professionale del personale a cui sono diretti:

  • operativo, rivolto ai lavoratori addetti alle attività di rimozione, smaltimento e bonifica;
  • gestionale, rivolto a chi dirige sul posto le attività di rimozione, smaltimento e bonifica.

I corsi di livello operativo hanno una durata minima di trenta ore e sono mirati all’acquisizione della sensibilizzazione alla sicurezza e della consapevolezza del rischio, nonché all’uso corretto dei sistemi di protezione e al rispetto delle procedure operative. Il testo unico sicurezza specifica meglio e integra gli argomenti da trattare in questi corsi e chiarisce che il datore di lavoro deve assicurare che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti a polveri contenenti amianto devono ricevere una formazione sufficiente e adeguata, a intervalli regolari. I corsi di livello gestionale hanno una durata minima di cinquanta ore e sono differenziati per gli addetti alle attività di bonifica (rimozione o altre modalità) di edifici, impianti, strutture coibentati con amianto e per gli addetti alle attività di smaltimento dei rifiuti di amianto. Questi corsi comprendono anche le responsabilità e i compiti della direzione delle attività, i sistemi di controllo e di collaudo, i criteri di scelta dei sistemi di protezione. Il rilascio dei relativi titoli di abilitazione avviene da parte delle Regioni o Province autonome previa verifica finale dell’acquisizione degli elementi di base relativi alla sicurezza e alla prevenzione del rischio da amianto con riferimenti specifici all’attività cui saranno addetti i discenti. Il coordinatore amianto, in possesso del patentino abilitante regionale, rappresenta la figura con il grado più alto di preparazione in materia di gestione del rischio amianto. Questo soggetto può, pertanto, sovraintendere alle attività di bonifica e smaltimento dell’amianto, ma anche a quelle di accertamento e valutazione del rischio. Inoltre, qualora in possesso di diploma o laurea tecnica e relative abilitazioni professionali, nonché di abilitazione in qualità di coordinatore della sicurezza come previsto dal testo unico sicurezza, il coordinatore amianto potrebbe essere preposto, in modo competente e consapevole, non solo al coordinamento della sicurezza in cantieri di bonifica da amianto, ma anche alla progettazione degli interventidi bonifica, specialmente di quelli inerenti ai manufatti contenenti amianto in matrice friabile, che spesso, invece, anche in ambito pubblico, sono semplicemente affidati all’impresa di bonifica e sommariamente contemplati nel suddetto piano di lavoro senza però che venga predisposto un organico progetto di bonifica, corredato degli opportuni e necessari elaborati. Al contrario, un committente consapevole e attento potrebbe affidare questo tipo di progettazione – e relativa direzione lavori – a un coordinatore amianto, competente e neutrale, ovviamente, come detto, in possesso anche di altre specifiche abilitazioni di legge, il quale potrebbe contemperare adeguatamente: le esigenze di sicurezza e protezione dell’ambiente e delle persone, la scelta delle più opportune tecniche di bonifiche, l’utilizzo delle più appropriate tecnologie, le esigenze di economia, i corretti adempimenti, dialogando in modo competente con l’asl di riferimento, l’impresa incaricata della bonifica e il proprio committente. È possibile, pertanto, affermare che gli aspetti gestionali inerenti alla presenza di amianto sul territorio, così fortemente antropizzato, hanno tuttora un’importanza primaria, ma devono anche presupporre una fondata competenza del soggetto preposto e una profonda consapevolezza del problema e del relativo rischio da parte dei proprietari e dei responsabili della gestione dei patrimoni edilizi, pubblici e privati. A questo proposito, Assoamianto ha proposto più volte l’istituzione di albi regionali e/o nazionale dei coordinatori amianto abilitati ex art. 10, D.P.R. 8 agosto 1994 per consentire alla collettività di poter scegliere consulenti per censimenti e mappature, per valutazione rischio amianto, per gestione dei materiali contenenti amianto.

Le compravendite

Sarebbe importante oltreché corretto che quando si trasferisce la proprietà di un immobile con manufatti contenenti amianto venisse segnalata obbligatoriamente al compratore la presenza di questi manufatti e, nel contempo, si consegnasse al medesimo compratore anche la relativa valutazione del rischio amianto in quanto tale valutazione rappresenta un preciso obbligo, previsto dal D.M. 6 settembre 1994, immediatamente successivo all’accertamento della presenza di amianto. Sarebbe quindi necessario, ad esempio, consegnare al compratore, al momento della transazione immobiliare, un fascicolo che contemplasse la presenza e l’ubicazione di amianto nell’edificio nonché il suo stato di conservazione. In Italia, però, la normativa non prevede nulla in questione. Alla conferenza governativa sul tema “Amianto e patologie correlate: stato dell’arte e prospettive”, svoltasi dal 22 al 24 novembre 2012 a Venezia, Assoamianto ha proposto di prevedere, per le compravendite immobiliari, la certificazione attestante l’eventuale presenza di manufatti contenenti amianto e la relativa valutazione del rischio ex D.M. 6 settembre 1994. Il piano nazionale amianto, scaturito dalla conferenza, ha recepito questa proposta, anche se in misura ridotta, precisando che “…si propone, per le compravendite immobiliari, l’obbligo di certificazione attestante la presenza o assenza di manufatti contenenti amianto nell’edificio, ma, come detto, questo piano non è ancora operativo, per cui accade di frequente che la transazione immobiliare avvenga senza avere consapevolezza della presenza di questi manufatti.

I contributi per i lavori

Per quanto riguarda gli immobili d’impresa, l’Inail, annualmente, con i bandi Isi provvede a finanziare in conto capitale le spese sostenute per progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ivi compresa la bonifica da amianto. Il contributo concesso alle imprese è pari al 65% dell’investimento, viene concesso fino a un massimo di 130 mila euro, è erogato a seguito del superamento della verifica tecnico-amministrativa e la conseguente realizzazione del progetto ed è cumulabile con benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito. Per ciò che concerne invece i contributi per i lavori di bonifica da amianto in edifici civili, purtroppo, in Italia, finora non sono stati previsti contributi statali (fatta eccezione per i lavori di bonifica urgenti previsti dal D.M Ambiente 18 marzo 2003, n.101, come individuati dalle Regioni o dalle Province autonome). Soltanto alcune Regioni e qualche Comune hanno previsto incentivi per i normali lavori di bonifica da amianto però limitati nel tempo e nell’entità. Attualmente, l’unica agevolazione è rappresentata dalla detrazione fiscale delle spese per interventi di ristrutturazione edilizia, ivi compresi interventi di bonifica da amianto. A questo proposito, la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), in vigore dal 1° gennaio 2017, operando ancora una volta una proroga, stabilisce che, con riferimento alle spese documentate relative a interventi di ristrutturazione edilizia, sostenute fino al 31 dicembre 2017, la detrazione fiscale rimane fissata al 50% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96 mila euro per unità immobiliare. Dal 1° gennaio 2018 la detrazione tornerà alla misura ordinaria del 36% e con il limite di 48 mila euro per unità immobiliare. Occorrerebbe lasciare questa percentuale al 50% almeno per i lavori di bonifica da amianto anche negli anni successivi al 2017.

I lavori sulle unità immobiliari residenziali e sugli edifici residenziali per i quali spetta l’agevolazione fiscale sono: interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali e sulle loro pertinenze.