Analisi dei profili responsabilità tra legislazione e giurisprudenza

L’articolo 18, lettera o) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 stabilisce espressamente che le informazioni debbano essere consultate esclusivamente all’interno degli ambienti aziendali

In materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro una funzione fondamentale, seppur meramente di carattere consultivo-propositivo, è svolta dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls).

Questa figura di rappresentanza, istituita con il D.Lgs. n. 626/1994 e confermata con il successivo D.Lgs. n. 81/2008, è manifestazione della logica partecipativa introdotta con queste normative, che vede i lavoratori e i loro rappresentanti quali figure attive nell’elaborazione della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Di seguito è analizzato un diritto riconosciuto in capo al Rls per l’esercizio delle sue funzioni, ossia quello di ricevere copia del documento di valutazione dei rischi (Dvr); in particolare, viene affrontato il tema non solo in riferimento al settore privato, ma anche, punto forse ancor più controverso, al settore del pubblico impiego.

Nel corso degli anni vi sono stati sostanzialmente due interventi legislativi di particolare rilevanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il D.Lgs. n. 626/1994, prima, e il D. Lgs. n. 81/2008, poi, ai quali sono state apportate delle modifiche2 che hanno interessato proprio il diritto in questione, con un susseguirsi di relative interpretazioni.

Questioni applicative
Dal D.Lgs. n. 626/1994 alla legge n. 123/2007

Problemi interpretativi e applicativi sono stati sollevati sin dall’introduzione del D.Lgs. n. 626/1994 laddove all’art. 19, comma 5, si stabiliva, nella formulazione originaria, che il rappresentante dei lavoratori avesse «accesso, per l’espletamento della sua funzione», al documento di valutazione dei rischi. Nulla, tuttavia, era detto specificamente circa le modalità con cui poteva avvenire questo accesso, lasciando così aperta la strada a contrasti circa la corretta osservanza della disposizione.
È in questo contesto normativo che si colloca la sentenza della corte d’Appello di Brescia del 27 ottobre 20073. La vicenda nasceva da un decreto ingiuntivo richiesto dal Rls di un’azienda il quale lamentava di aver fatto richiesta di rilascio di copia del Dvr ottenendo, tuttavia, risposta negativa da parte del datore di lavoro.
Il giudice del lavoro accoglieva il ricorso per decreto ingiuntivo e l’azienda proponeva opposizione sostenendo che in capo al rappresentante dei lavoratori fosse riconosciuto solamente un diritto di accesso al documento, che si esplica nella presa in visione presso la sede dell’azienda stessa, senza alcuna prerogativa di portare fuori dai locali la documentazione in parola. Il tribunale di Brescia, con la sentenza 4 ottobre 2006, n. 729, respingeva questa opposizione rilevando che il Rls riceve il – non avendo solamente accesso al – documento di valutazione dei rischi, in base a quanto disposto dall’art. 19, comma 1, lettera e), D.Lgs. n. 626/1994. Peraltro, questa interpretazione era già stata sostenuta dalle circolari ministeriali del 2000 nonché dalla giurisprudenza di merito La società, quindi, presentava ricorso avverso il rigetto dell’opposizione, lamentando che la divulgazione del documento avrebbe cagionato nocumento all’azienda, ritenendo giustificato, sulla base di ciò, il diniego opposto alla richiesta del Rls di ricevere copia del documento, nonché affermando che, all’interno della sede, erano stati predisposti locali adeguati per la consultazione e l’esame del Dvr.
Nelle more del giudizio interveniva la legge n. 123/2007 che ha modificato il comma 5 dell’art. 19, riconoscendo in capo al datore un vero e proprio dovere di consegna di copia del documento.

L’art 3, lettera e), legge n. 123/2007, infatti, prevede che «[…] all’articolo 19, il comma 5 è sostituito dal seguente: 5. Il datore di lavoro è tenuto a consegnare al rappresentante per la sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, nonché del registro degli infortuni sul lavoro di cui all’articolo 4, comma 5, lettera o)».

La Corte d’appello di Brescia, alla luce di questo intervento normativo, affermava che: «L’art. 3, lettera e), legge n. 123/2007, che ha modificato l’art. 19, comma V, D. Lgs. n. 626/1994, prevedendo l’obbligo del datore di lavoro di consegnare al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza copia del documento di valutazione del rischio e del registro infortuni, rappresenta norma innovativa unicamente per quanto attiene al registro infortuni, in quanto il diritto a ricevere copia del documento di valutazione del rischio era già previsto dalla lettera e) dello stesso art. 19».
La Corte concludeva, pertanto, che il Rls avesse non solo il diritto di ricevere copia del documento, peraltro già consolidato in passato secondo i giudici, ma anche di portarlo fuori dall’azienda, poiché, in caso contrario, si vanificherebbe il diritto stesso a possedere una copia e si trasformerebbe in una mera consultazione.

Dal D.Lgs. n. 81/2008 al D.Lgs. n. 106/2009

Con l’avvento del D.Lgs. n. 81/2008 è stato sancito in modo inequivocabile l’obbligo per il datore di lavoro di consegnare materialmente il documento di valutazione dei rischi al Rls. L’art. 18, comma 1, lettera o), infatti, nella sua formulazione originaria (ossia prima della modifica del D.Lgs. correttivo n. 106/2009) prevedeva che il datore di lavoro dovesse «consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all’art. 17, comma 1, lettera a), nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r)», rendendo, in questo modo, illegittima e antisindacale qualunque condotta del datore di lavoro ostativa alla consegna. A ulteriore consolidamento della sussistenza del diritto del Rls di ricevere copia del documento in questione, vi è l’art. 50, D.Lgs. n. 81/2008, il quale disciplina le attribuzioni di questa figura. Infatti, da un lato la lettera e) del comma 1, dall’altro il comma 4 dell’articolo, affermano che il Rls, su sua richiesta e per l’esercizio delle proprie funzioni, debba ricevere le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le relative misure di prevenzione. La mancanza di formalità circa le modalità di consegna del documento ha dato luogo a incertezze riguardo quando possa dirsi adempiuto il relativo obbligo. Tra i tanti, è interessante analizzare un interpello sollevato da Confcommercio con il quale è stato richiesto un parere alla direzione generale per l’attività ispettiva – presso il ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali – in merito alla possibilità di consegna al Rls del documento di valutazione dei rischi unicamente su supporto informatico. Nel caso prospettato ci si è chiesti se la consegna di un videoterminale connesso con la rete aziendale contenente il Dvr, consultabile all’interno dei locali della società, possa costituire assolvimento dell’obbligo ex art. 18, comma1, lettera o), D.Lgs. n. 81/2008. Il ministero del Lavoro ha risposto sostenendo che, non essendo prevista alcuna formalità per la consegna del documento, l’obbligo a carico del datore può dirsi adempiuto tramite consegna su supporto informatico, anche se utilizzabile solamente su terminale messo a disposizione all’interno dell’azienda. In questo modo, conclude il Ministero, non vi è alcun pregiudizio all’effettivo svolgimento delle funzioni da parte del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, fermo restando, peraltro, il diritto dello stesso di scegliere la forma ritenuta da esso più agevole.
L’interpretazione fornita dalla direzione generale per l’attività ispettiva ha presto incontrato critiche, soprattutto per due motivi:

  • da un lato, questa soluzione risulterebbe inapplicabile al Rls territoriale8, rispetto al quale non può ritenersi ragionevole l’accesso al Dvr solamente nei locali aziendali – considerato che opera su un territorio e quindi su una pluralità di aziende – a meno che non lo si voglia trattenere in azienda, né sarebbe logico prevedere un trattamento differenziato per le due forme di rappresentanti per la sicurezza (aziendale e territoriale);
  • dall’altro lato, invece, viene censurato il riferimento all’art. 53, D.Lgs. n. 81/2008, il cui comma 5 dispone che «Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro può essere tenuta su unico supporto cartaceo o informatico».

Rispetto quest’ultimo aspetto, la critica sostiene sia vero che la documentazione in materia, quindi compreso il Dvr, possa essere tenuta in forma elettronica, tuttavia, come precisa la lettera e) della medesima norma, a condizione che “sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le informazioni contenute nei supporti di memoria». Ciò significa che se non è consentita la stampa cartacea del documento, la mera messa a disposizione su supporto informatico non può considerarsi legittima.
Il 3 agosto 2009 è stato emanato il D.Lgs. n. 106/2009, correttivo del precedente D.Lgs.n. 81/2008. In particolare, l’art. 13, comma 1, lettera c) del suddetto decreto è intervenuto modificando la lettera o) dell’art. 18, facendo propria l’interpretazione fornita dal ministero del Lavoro nell’interpello sopra riportato. In particolare, il D.Lgs. n. 106/2009 aggiunge alla norma originaria due precisazioni, ovvero che il documento:

  • possa essere consegnato «anche su supporto informatico come previsto dall’art. 53, comma 5»;
  • sia «consultato esclusivamente in azienda ».

Quest’ultimo inciso ha posto una limitazione alla consultazione del Dvr e, di conseguenza, ha sollevato problemi e dibattiti sul piano applicativo. L’interrogativo posto a seguito di questo modifica è se il Rls possa o meno portare il documento fuori dai locali dell’azienda, anche al fine di disporre di maggior tempo per la consultazione ed eventualmente farsi assistere da soggetti esperti esterni; d’altra parte, si tratta di un documento aziendale che, ex art. 29, comma 4 del D. Lgs. n. 81/2008, deve essere custodito presso l’unità produttiva a cui si riferisce. Se la finalità della norma è quella di permettere al Rls un’analisi approfondita del documento, si sostiene debbano essergli garantiti tutto il tempo e l’assistenza che esso riterrà necessari.
Tuttavia, preme evidenziare che la Carta costituzionale, all’art. 41, sancisce il principio della libertà imprenditoriale, alla luce del quale si può riconoscere al datore di lavoro anche la facoltà, qualora lo ritenga, di consentire che il Dvr sia consultato anche fuori dalla sede aziendale.
Successivamente all’intervento del D.Lgs. n. 106/2009, riguardo il diritto di accesso del Rls al Dvr si è espressa la giurisprudenza di merito. In particolare, si è pronunciato il tribunale di Milano, a seguito di un’opposizione a decreto ingiuntivo con cui era stato ordinato alla società datrice di lavoro di consegnare il documento di valutazione dei rischi al rappresentante dei lavoratori dell’azienda. In questa occasione, il tribunale ha posto l’attenzione sulle formalità di consegna, rilevando che l’inciso introdotto dal correttivo di consultare il documento solo in azienda non ha, in alcun modo, pregiudicato il relativo diritto del Rls. Confermando il decreto ingiuntivo, i giudici milanesi, in premessa, hanno affermato l’incontrovertibilità dell’obbligo del datore di consegnare copia del Dvr, passaggio che implica la materiale disponibilità e conseguente ricezione da parte del Rls, sia in forma cartacea che su supporto informatico. La scelta circa la forma in cui ottenere la copia non può che spettare al Rls stesso, il quale ha diritto di ricevere il documento nella modalità per esso preferibile ai fini della consultazione. Quindi, il giudice milanese ha affermato che «l’obbligo di consegna si attua mediante la ricezione di una res e non può essere obliterato attraverso la semplice messa a disposizione o consultazione di un documento solo su supporto informatico e su computer aziendale, alla luce delle importanti, ma soprattutto delle fattive prerogative riconosciute dalla legge al RLS, che presuppongono una analitica e approfondita conoscenza del documento in parola».

In conclusione, il tribunale asserisce che il correttivo operato con l’art. 13, D.Lgs. n. 106/2009 non ha, in alcun modo, limitato le prerogative del Rls, essendo intervenuto solamente sulle modalità di consultazione, esclusa al di fuori dei locali aziendali, e non sul relativo diritto. Insomma, l’inciso aggiunto ha reso meno agevole la fruibilità del documento, ma senza toccare il contenuto e la portata del diritto. Il giudice ha evidenziato anche che il datore di lavoro deve permettere al Rls di svolgere la propria funzione di controllo e salvaguardia della salute e sicurezza dei lavoratori, consentendogli di consultare il Dvr per tutto il tempo ritenuto necessario, tenuto conto dell’eventuale tecnicità e complessità dello stesso. Tutto ciò, peraltro, restando i relativi costi a carico dell’azienda, secondo quanto si evince anche dall’art. 15, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, ai sensi del quale «le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori».
Nello stesso senso si esprime anche la normativa, la quale riconosce che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza debba poter disporre del tempo necessario allo svolgimento del proprio incarico senza perdita di retribuzione.
Merita, infine, di essere evidenziato che al diritto di ricevere il documento di valutazione dei rischi da parte del Rls, corrisponde un dovere dello stesso a non divulgare informazioni riservate in esso contenute, dichiarando di utilizzarlo esclusivamente ai fini di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che rappresenta. A questo riguardo, si richiama il D.Lgs. n. 25/2007, di attuazione della direttiva 2002/14/Ce (istitutiva di un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori), il cui art. 5 – rubricato «Informazioni riservate» – impone l’obbligo di riservatezza in capo non solo ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, ma anche agli esperti di cui questi eventualmente si avvalgano. Inoltre, al comma 2, riconosce un’eccezione al dovere di consegna del documento, un’ipotesi di particolare tutela del datore di lavoro, il quale «non è obbligato a procedere a consultazioni o a comunicare informazioni che, per comprovate esigenzetecniche, organizzative e produttive siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento dell’impresa o da arrecarle danno». Al fine di individuare queste ipotesi eccezionali, il successivo comma 3 rimanda alla contrattazione collettiva il compito di costituire una commissione di conciliazione che definisca le controversie riguardanti la natura riservata o meno delle notizie che il datore di lavoro affermi essere tali, ovvero circa le esigenze tecniche, organizzative e produttive la cui divulgazione possa arrecare difficoltà o danno all’azienda.

Il Rlst: competenze e obblighi
Alcuni cenni merita la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (Rlst). Questo soggetto, ai sensi dell’art. 48, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, «esercita le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all’articolo 50 e i termini e con le modalità ivi previste con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza». Pertanto, al Rlst sono riconosciute le stesse attribuzioni del Rls aziendale; in particolare, tra gli altri, ha diritto di accedere ai luoghi di lavoro, di ricevere le informazioni e la documentazione correlata alla valutazione dei rischi e alle relative misure di prevenzione, nonché di presentare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure adottate non siano idonee a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Rispetto a questa figura, la questione circa la possibilità o meno di portare il Dvr fuori dal perimetro aziendale ha suscitato discussioni sulla portata del dato normativo. Vi è stato, infatti, chi ha mosso critiche alla norma stessa nonché all’interpello del 2008, poiché la consultazione esclusiva nei locali della società non è agevole né logica nei confronti di questa figura, visto che essa ricopre la funzione di rappresentante per la sicurezza su un territorio e, quindi, per una pluralità di aziende.
La questione è stata affrontata16, sul piano della prassi operativa, in riferimento all’adempimento dell’obbligo di consultazione ex art. 50, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008; nello specifico, è stato richiesto un parere all’osservatorio Olympus circa l’assolvimento da parte del datore di lavoro del suddetto obbligo con il mero invio del documento di valutazione dei rischi all’organismo paritetico territoriale e la conseguente adesione del Rlst. L’organismo paritetico (Op), definito alla lettera ee) dell’art. 2, D.Lgs. n. 81/2008 e disciplinato all’art. 51 del medesimo decreto, è quel soggetto costituito a iniziativa di una o più associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che svolge attività di programmazione della formazione, di assistenza alle imprese per l’attuazione degli adempimenti in materia di salute e sicurezza e ogni altra funzione a esso attribuita dalla legge o dai contratti collettivi.
L’osservatorio Olympus, formulando una soluzione di natura operativa, asserisce che, concentrando la trasmissione della documentazione relativa alla valutazione dei rischi all’organismo paritetico, il Rlst viene messo nella condizione di essere adeguatamente consultato, peraltro secondo le modalità che esso riterrà più opportune; infatti, il rappresentante territoriale potrà decidere di accedere ai luoghi di lavoro e svolgere le funzioni attribuitegli dall’art. 50 alla pari del Rls, ovvero potrà ritenere sufficiente la consultazione in sede di organismo paritetico. Pertanto, conclude il parere, l’obbligo di consultazione si può ritenere assolto nel momento in cui il datore di lavoro invia la documentazione all’Op e il Rlst esprime la propria opinione dopo aver effettuato tutte le valutazioni del caso. In tema di consegna del Dvr al rappresentante territoriale, interessante è anche l’accordo interconfederale Confapi/Cgil-Cisl-Uil 20 settembre 2011 sui rappresentanti dei lavoratori per la salute e sicurezza in ambito lavorativo e sulla pariteticità sui rappresentanti dei lavoratori per la salute e sicurezza in ambito lavorativo e sulla pariteticità, il quale richiama la normativa in materia.
Infatti, l’accordo, nella parte II, art. 9, comma 2, disciplina le attribuzioni del Rlst, con particolare riferimento a quelle riconosciute ex art. 50, lettere e) ed f), D.Lgs. n. 81/2008, affermando espressamente che «al rappresentante verranno fornite le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, le informazioni relative agli infortuni e alle malattie professionali» e che «Il RLST riceve copia del documento di valutazione dei rischi e del DUVRI e ogni loro modificazione».
Alla luce di quanto sopra esposto, è condivisibile che l’obbligo del datore di lavoro di consegnare il documento in questione possa ritenersi assolto tramite la consegna dello stesso all’organismo paritetico. Ciò nonostante, va rilevato che la normativa non prevede alcuna eccezione per il Rlst a quanto stabilito dall’art. 18, lettera o), D.Lgs. n. 81/2008 e, quindi, non c’è motivo per cui questa disposizione non debba valere anche rispetto questa figura. Anzi, il richiamo che l’art. 48, D.Lgs. n. 81/2008 opera a quanto stabilito per il Rls riguardo le competenze e le modalità di esercizio delle stesse, porta a ritenere che anche per il rappresentante territoriale debba trovare attuazione la medesima disciplina e, pertanto, la consultazione del Dvr può avvenire limitatamente all’interno dei locali aziendali. Più chiaramente, non essendoci deroghe espresse alla lettera o) dell’art. 18, la stessa si deve considerare applicabile anche al Rlst.

L’ambito delle pubbliche amministrazioni
Un tema di particolare interesse è quello relativo all’accesso alla documentazione in materia di salute e sicurezza negli ambienti del pubblico impiego. È, infatti, emerso come in questo ambito la disciplina prevista dal D. Lgs. n. 81/2008 tenda a scontrarsi con quanto stabilito dalla legge n. 241/1990 in materia di accesso agli atti, con incertezze giurisprudenziali su quale tra le due debba prevalere. Premessa fondamentale per affrontare la questione riguarda la natura dei documenti oggetto di disciplina da parte della legge n. 241/1990. L’art. 22, lettera d) della suddetta legge, come modificato dalla successiva legge n. 15/2015, definisce quale documento amministrativo «ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale».
Il documento di valutazione dei rischi è un atto avente natura generale, finalizzato all’elaborazione di norme comportamentali, contenente la programmazione e la pianificazione della sicurezza all’interno dell’azienda, compresi i profili inerenti all’organizzazione amministrativa che esigono riservatezza. Per questo, l’accesso a tale documento è limitato espressamente alla sola figura del Rls. Pertanto, si sostiene che esso non possa, alla luce della definizione fornita dalla legge n. 241/1990, essere considerato documento amministrativo né atto interno endoprocedimentale e, quindi, non possa essere messo a disposizione di qualsiasi lavoratore.
Se, come sopra esposto, la posizione della dottrina circa il rapporto tra la disciplina di accesso agli atti e quella di accesso al documento di valutazione dei rischi risulta pacifica, la giurisprudenza al riguardo è molto più discordante.
La pronuncia del Tar Abruzzo (L’Aquila), sez. I, 12 luglio 2012, n. 467 ha accolto il ricorso di un lavoratore avverso il diniego di accesso «alla documentazione inerente il procedimento di verifica della valutazione del rischio amianto nel luogo di lavoro» opposto dall’istituto pubblico presso il quale prestava la propria attività. Il tribunale ha riconosciuto il diritto di accesso al documento da parte del lavoratore – e non solo al Rls come, invece, sostenuto dall’istituto – affermando che «la normativa sull’accesso ai documenti amministrativi riveste una portata generalizzata che non tollera inibizioni applicative in virtù di disposizioni speciali». Il giudice amministrativo, inoltre, ha tenuto a puntualizzare che la funzione del Rls non si sostanzia in una mera cognizione delle misure predisposte dal datore di lavoro, ma va ben oltre essa, avendo diritto a essere informato e consultato in ordine alla valutazione dei rischi, vedendo riconosciuto un autonomo potere propositivo. In conclusione è stato rilevato che «la legge 241/90 incide sulla diretta cognizione degli atti datoriali già formati, ma non deroga al ruolo istituzionale del RLS quale organo di rappresentanza dei lavoratori, chiamato comunque alla esclusiva e qualificata interlocuzione con il datore di lavoro, anche sulla scelta delle modalità mirate a garantire la sicurezza».
Posizione favorevole all’accesso al documento di valutazione dei rischi da parte del Rls è anche quella del Tar Lazio (Roma), sez. III, 13 dicembre 2012, n. 10390. La decisione ha preso avvio dall’istanza presentata da alcuni dipendenti di Poste italiane con la quale chiedevano l’estrazione di copia di alcuni documenti, tra cui il Dvr, richiesta rimasta priva di riscontro. La società resistente ha giustificato il silenzio- diniego sulla base del fatto che il documento contenga dati sensibili e riservati, non arbitrariamente divulgabili. Il tribunale romano ha accolto il ricorso asserendo che Poste italiane non può «limitare il diritto di accesso, essendo quegli stessi atti direttamente riferibili alla tutela di un interesse personale e concreto dei ricorrenti», richiamando a sostegno di ciò il decreto del ministero delle Comunicazioni 24 agosto 1999, n. 211, relativo all’esclusione del diritto di accesso ai documenti di Poste italiane, tra i quali non risulta essere contemplato il documento di valutazione dei rischi. Infine, ha concluso il giudice, qualora la società ritenga necessario tutelare la riservatezza dei dati, questa esigenza potrebbe essere sufficientemente garantita anche solo tramite particolari accortezze circa le modalità di accesso.
Sul tema è intervenuta anche la sentenza del Tar Puglia (Bari), sez. III, 15 gennaio 2015, n. 56, adito per decidere una controversia sorta a seguito del permesso di accedere al Dvr riconosciuto da un dirigente scolastico a un organismo sindacale degli insegnanti. Questo accesso, però, era stato subordinato dal dirigente a due condizioni: la sussistenza di un’opportuna giustificazione ex art. 22, legge n. 241/1990 e la visione solamente presso l’ufficio di presidenza della scuola negli orari di apertura.
Il Tribunale ha affermato la sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale in capo al ricorrente, conseguentemente dichiarando l’illegittimità della subordinazione della consultazione del documento a una opportuna giustificazione del diritto affermato. Il giudice amministrativo, inoltre, ha asserito la assoluta mancanza di pertinenza del richiamo alla legislazione giuslavoristica, negando che possa, in qualche modo, prevalere sulla disciplina relativa all’accesso agli atti. Particolarità della decisione riguarda la modalità con cui deve essere garantita la consultazione; infatti, accogliendo il ricorso, il tribunale amministrativo ha condannato il dirigente scolastico a rilasciare copia informatica del Dvr inviandolo via pec alla ricorrente. Si tratta di una formalità che porta a una trasmissione del documento all’esterno dei locali scolastici, in violazione di quanto prescritto espressamente dall’art. 18, comma 1, lettera o), D. Lgs. n. 81/2008.
Di diverso avviso è la più recente sentenza del Tar Marche n. 506/2016. Nel caso discusso, una dipendente della direzione territoriale del lavoro di Ancona ha impugnato il diniego dell’amministrazione alla richiesta di estrarre copia del Dvr, motivato sulla base degli artt. 18 e 50, D.Lgs. n. 81/2008, dalla cui lettura si evince che l’accesso è consentito al solo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Inoltre, l’amministrazione ha disconosciuto che il documento in questione possa considerarsi avente natura amministrativa e, pertanto, sarebbe sottratto dall’applicazione della legislazione sul procedimento amministrativo. In netta contrapposizione con le posizioni sovraesposte degli altri tribunali amministrativi, il giudice marchigiano ha asserito la specialità della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro rispetto quella più generale riguardante l’accesso agli atti amministrativi.

In conseguenza di ciò ritiene che il solo Rls, fermi i limiti e divieti di cui al D.Lgs. n. 196/2003 (codice della privacy) e quelli relativi al segreto industriale, abbia diritto di ricevere copia del Dvr e che in questo modo siano adeguatamente tutelati gli interessi dei suoi rappresentati. Peraltro, si rileva come il Dvr abbia un contenuto tecnico che molto spesso è di difficile comprensione da parte dei lavoratori. Il Tar Marche ha confermato, infine, che quanto stabilito dal D.Lgs. n. 81/2008 si debba ritenere applicabile tanto al datore di lavoro pubblico quanto a quello privato e, di conseguenza, anche le pubbliche amministrazioni sono tenute all’osservanza delle prescrizioni in esso contenute.
Preso atto delle contrastanti posizioni giurisprudenziali, si può ritenere che la soluzione più idonea a risolvere il dibattito sia quella prospettata dal Tar Marche. Quanto sostenuto dagli altri giudici amministrativi, infatti, non può essere condiviso poiché si è in presenza di una disposizione [l’art. 18, lettera o), D.Lgs. n. 81/2008] che prevede espressamente e senza eccezioni le modalità di accesso al Dvr. Disposizione che è contenuta in una normativa speciale (il testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro) rispetto a quella in materia di accesso agli atti amministrativi e, perciò, su di essa prevalente. In conclusione, anche in materia di pubblico impiego deve valere quanto prescritto dal D.Lgs. n. 81/2008 e, di conseguenza, il documento di valutazione dei rischi è consultabile solamente da parte del Rls e soltanto all’interno dell’azienda.

Profili di responsabilità
Il D.Lgs. n. 81/2008 non prescrive sanzioni direttamente in capo al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (né aziendale né territoriale), in quanto, da una parte, si vuole evitare che i soggetti siano scoraggiati dall’assumere questo incarico, dall’altra perché la funzione da esso svolta è meramente consultiva, ciò implicando che la decisione finale – e la conseguente responsabilità – è sempre e comunque rimessa al datore di lavoro.
La giurisprudenza di Cassazione (sez. III penale, 2 marzo 2001, n. 20904), a sostegno di quanto sopra, ha escluso che il soggetto nominato come rappresentante per la sicurezza dei lavoratori debba rispondere, in quanto tale, delle misure di prevenzione da adottare. Con la sentenza n. 20904/2001 la Cassazione penale, peraltro confermando quanto sostenuto in primo grado dal tribunale di Lucera, chiarisce che il Rls «a norma dell’art. 19 del D.Lgs. n. 626/1994, ha solo compiti di consulenza e di proposta in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, ma sempre nell’ambito dell’azienda o dell’amministrazione di appartenenza».
Questa figura non ha poteri decisionali né di spesa, dunque non possono ricadere su di essa quelle responsabilità derivanti da
obblighi di prevenzione collegati al riconoscimento ed esercizio dei suddetti poteri.
In tema di responsabilità merita poi di essere richiamato l’art. 50, D.Lgs. n. 81/2008, il cui comma 7 stabilisce espressamente le ipotesi di incompatibilità della funzione di Rls, la quale non può essere svolta da quei soggetti che ricoprono l’incarico di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione. Ciò porta a ritenere che non vi siano altri compiti incompatibili con quello di Rls, che perciò potrebbe essere un lavoratore avente anche mansioni di responsabilità (ad esempio un capo turno, un capo reparto eccetera); in queste situazioni, quindi, può svolgere un ruolo non solo consultivo ma anche operativo e, pertanto, in forza del principio di effettività anch’esso potrà essere considerato responsabile dell’eventuale reato. Qualora il Rls aziendale non ricopra alcun ruolo particolare, esso è pur sempre un lavoratore come gli altri, per cui si applica quanto stabilito dall’art. 20, nei limiti della specifica formazione eventualmente ricevuta. Rispetto quest’ultima precisazione, infatti, il comma 10 dell’art. 37, D.Lgs. n. 81/2008 riconosce in capo al rappresentante il diritto a una formazione idonea ad assicurargli competenze adeguate circa le tecniche di controllo e prevenzione dei rischi specifici esistenti negli ambienti di lavoro ove svolge la propria funzione. Sarà, perciò, possibile esigere da parte sua una maggiore attenzione, valutazione e gestione dei rischi rispetto agli altri lavoratori, in base alla particolare formazione a esso fornita. Dal combinato disposto degli artt. 20 e 37 si evince che, ove i lavoratori – e quindi anche il Rls – abbiano ricevuto la formazione prevista, essi saranno perfettamente in grado di valutare e gestire in modo appropriato i rischi, limitando le conseguenze negative sul datore di lavoro. L’art. 20, infatti, se correttamente applicato, è idoneo a infrangere l’orientamento giurisprudenziale che pone in capo al datore di lavoro ogni responsabilità derivante dal controllo sui lavoratori. Altro elemento di rilievo è quello previsto dalla lettera e) del comma 2 dell’art. 20, il quale prescrive l’obbligo di immediata segnalazione al datore di lavoro di eventuali carenze o condizioni di pericolosità riscontrate. In caso di omessa osservanza di questa disposizione, anche il Rls potrà rispondere della relativa violazione; infatti, anch’esso deve adoperarsi attivamente al fine di eliminare o almeno ridurre al minimo la situazione di pericolo e, qualora ciò non avvenga, si determina l’insorgere di profili di responsabilità.
La violazione dell’art. 20, D.Lgs. n. 81/2008 è sanzionata, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008, «con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 600 euro per la violazione degli articoli 20, comma 2, lettere b), c), d), e), f), g), h) e i), e 43, comma 3, primo periodo (…)». Alla luce di quanto esposto, questa norma è applicabile anche a quel lavoratore che rivesta la particolare funzione di Rls. Preme però evidenziare che ne risponderà non in quanto soggetto che ricopre la suddetta qualifica, ma in quanto lavoratore dell’azienda.
La disciplina in materia di salute e sicurezza, come detto finora, non sanziona alcun comportamento del Rls in quanto tale.
L’unico divieto espressamente sancito è quello relativo al dovere di segretezza e riservatezza di quanto venga a conoscenza nell’esercizio della propria funzione e, in particolare, attraverso la consultazione del documento di valutazione dei rischi.
L’art. 50, comma 6, D.Lgs. n. 81/2008, infatti, prevede che il rappresentante sia «tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all’ articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni». In base a questa norma, quindi, il Rls è obbligato al rispetto della disciplina in materia di privacy, concetto inteso non solo come diritto a un trattamento limitato e attento dei dati personali, ma anche come adozione in via cautelativa di misure tecniche ed organizzative poste a salvaguardia della riservatezza dei soggetti interessati.
L’attenzione posta dal legislatore a questi aspetti si rinviene anche nei limiti posti all’accesso al Dvr, quale quello di consultazione solo all’interno dei locali dell’azienda, poiché esso contiene una pluralità di elementi concernenti aspetti strettamente personali della vita privata dei lavoratori. Per quanto attiene, invece, ai processi lavorativi di cui viene a conoscenza nello svolgimento del proprio ruolo, in caso di violazione dei segreti che ne scaturiscono, il rappresentante può essere chiamato a risponderne in sede penale.
Possono, infatti, configurarsi le fattispecie di cui agli artt. 621, 622 e 623 del codice penale. Tuttavia, ai fini della sussistenza dei reati in questione, la giurisprudenza di Cassazione si è più volte espressa nel senso della necessità che la rivelazione di quanto conosciuto e oggetto del diritto alla segretezza abbia effettivamente procurato un pregiudizio giuridicamente rilevante alla società, costituendo questo elemento condizione di punibilità.
Si richiama, infine, la disciplina del D.Lgs. n. 25/2007, già trattata precedentemente29, che estende l’obbligo di riservatezza ai soggetti esperti di cui il rappresentante può eventualmente avvalersi nell’esercizio delle proprie funzioni e nella comprensione del documento di valutazione dei rischi. L’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 5 del suddetto decreto sanziona espressamente la violazione del divieto prescritto di non divulgare informazioni riservate, rimandando alla contrattazione collettiva l’individuazione dei relativi provvedimenti disciplinari.

Conclusioni
Giurisprudenza e dottrina, nel corso degli anni, si sono dovute confrontare con un dato normativo per niente chiaro e tranchant come quello attuale elaborato dal D.Lgs. n. 81/2008. A oggi, infatti, non vi sono più dubbi circa il fatto che il Rls aziendale debba consultare il documento esclusivamente in azienda e ciò in quanto è la norma che espressamente lo prescrive. Per quanto concerne il rappresentante territoriale, si può qui ribadire che, non essendo stabilito alcunché di specifico, nonostante la particolarità di questa figura che opera per una pluralità di imprese, la soluzione deve essere la stessa prospetta ta per il Rls, valendo per il soggetto territoriale le medesime competenze e modalità di esercizio di quello aziendale.
La più controversa delle situazioni esaminate è probabilmente quella del pubblico impiego, poiché in questo ambito il diritto di consegna e consultazione del Dvr deve contemperarsi con il diritto di accesso agli atti secondo quanto stabilito dalla legge n. 241/1990. Tuttavia, come già rilevato in apposita sede, questo contrasto normativo deve essere risolto con l’applicazione del principio di specialità, in base al quale la legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in quanto speciale, prevale sulla disciplina, più generale, relativa all’accesso agli atti amministrativi. In merito ai profili di responsabilità, si è detto che al Rls, svolgendo una funzione meramente consultiva, non sono attribuiti obblighi sanzionati in quanto ricoprente tale qualifica. Tutt’al più, qualora rivesta mansioni particolari (ad esempio capo reparto, capo turno eccetera), potrà essere considerato responsabile per gli specifici obblighi derivanti da questo differente funzione ovvero, qualora sia un normale lavoratore dell’azienda, sarà soggetto alla disciplina sanzionatoria prescritta in caso di violazione dell’art. 20, D.Lgs. n. 81/2008.
È, invece, espressamente richiesto al Rls l’osservanza della disciplina in materia di privacy nonché del segreto industriale, potendo, in caso di violazione di queste normative, incorrere in responsabilità anche penale.
È possibile comunque affermare che le varie tematiche sono state affrontate e risolte dal legislatore, tenendo conto del necessario bilanciamento dei diversi interessi in gioco:

  • da un lato vi è quello dei lavoratori, o meglio del Rls in loro rappresentanza, di accedere agli atti che riguardano i vari aspetti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, al fine di ottenerne una rigorosa osservanza in ambito aziendale;
  • dall’altro lato, invece, vi è l’interesse dei lavoratori non direttamente interessati, i quali hanno diritto a vedere tutelata e garantita la propria privacy, affinché non vengano abusivamente rese ostensibili e divulgate informazioni inerenti la loro vita privata;
  • dall’altro lato ancora, gli interessi del datore di lavoro. Questi ha diritto alla riservatezza e segretezza, in particolar modo per quanto attiene alla sfera professionale e industriale: la violazione di questi segreti può arrecare un ingente danno economico alle aziende coinvolte;
  • un ultimo interesse che rileva è quello di tutela pubblica. Non si deve, infatti, sottovalutare il fatto che la divulgazione di documenti segreti inerenti all’attività industriale possa ripercuotersi su tutta la collettività, per cui risulta fondamentale il rispetto della riservatezza; basti pensare al pericolo che potrebbe derivare, anche al fine di possibili attentati, dalla divulgazione di notizie e segreti dei siti industriali a rischio “Seveso”.

Per concludere, la soluzione al problema affrontato va risolta con il semplice richiamo alla lettera della norma, il quale risulta chiaro e pacifico; infatti, il citato art. 18, lettera o), D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce espressamente che il documento sia consultato esclusivamente all’interno degli ambienti aziendali.