La corretta valutazione del rischio per affrontare una delle situazioni più pericolose

Una problematica già affrontata a partire dalla legislazione prevenzionistica degli anni ‘50 che, per essere efficacemente risolta, necessita di un Dvr a maglie molto strette. L’obiettivo? Non lasciare nulla al caso. Ma in quale modo deve essere svolta l’analisi dei differenti contesti al fine di individuare modalità utili a salvaguardare la salute (e la vita) degli operatori impegnati in questo tipo di ambienti? Ecco alcune proposte operative

La valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro costituisce un obbligo non delegabile del datore di lavoro, il quale deve assolvere a questo compito – non delegabile – con l’eventuale ausilio del Rspp. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è una figura altamente specialistica che, appunto, coadiuva il datore e controfirma il documento di valutazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 81/2008, unitamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e dell’eventuale medico competente (quando necessario).
Il comma 1 dell’articolo 28 del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che la suddetta valutazione «deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori», anche non ricompresi in quelli tutelati dai titoli del decreto successivi al primo; mentre il comma 2 dell’articolo 28 del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che la suddetta valutazione debba riguardare:
• tutte le attività che vengono svolte;
• tutti i pericoli presenti nelle attività svolte;
• la valutazione del rischio di questi pericoli;
• le modalità di trattamento di tutti i rischi di questi pericoli;
• le modalità di controllo periodico di queste modalità di trattamento per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
• le modalità procedurali per la attuazione delle modalità di trattamento necessarie per esecuzione delle suddette attività.

Ovviamente l’obiettivo del Dvr di cui all’articolo 17 consiste nel consentire al datore di lavoro di prendere tutte le iniziative effettivamente necessarie a salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Il quadro in sintesi
La problematica dei “luoghi di lavoro confinati” fu già individuata dalla legislazione degli anni ’50: con:
• D.P.R. n. 547/1955 (art. 235, «Aperture di entrata nei recipienti», art. 236, «Lavori entro tubazione, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici od asfissianti», art. 237, «Lavori entro tubazioni, canalizzazioni e simili nei quali possono esservi polveri infiammabili ed esplosivi»);
• D.P.R. n. 303/1956 (art. 25, «Lavori in ambienti di sospetto inquinamento»);
• D.P.R. n. 164/ 1956 (art. 15, «Presenza di gas negli scavi»).
Il D.Lgs n. 81/2008 tratta l’argomento degli ambienti sospetti di inquinamento o confinanti solo negli articoli 66 e 121, e nel capitolo 3 dell’allegato IV i quali si fermano a una scarna elencazione prescrittiva di regole da rispettare, mutuata dagli articoli 235, 236, 237, 244, 245, 246 247, 353, 354, 355 del vecchio D.P.R. 547/1955.Nel 2011 è stato emanato il D.P.R. n. 177 del 14 settembre 2011, il quale consta di soli quattro articoli, con lo scopo di regolamentare la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, che al comma 1 lettera a) dell’arti-colo 2 recita:«1.
Qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti: a) integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze». Si tratta dell’unico punto della legislazione italiana in materia di ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, in cui si fa riferimento al termine “valutazione dei rischi”. Inoltre, per quanto concerne i “luoghi confinati”, il D.P.R n. 177/2011 si limita a una genericissima previsione di una ipotetica valutazione dei rischi nella tipologia specifica, senza darne i requisiti minimi. Per la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza nelle attività lavorative, innanzi tutto risulta utile una indagine su numero e tipo di infortuni registrati all’Inail, nonché dalla eventuale registrazione di raccolta dati interna degli infortuni che hanno provocato solo una medicazione senza l’allontanamento dal lavoro dell’infortunato, nonché di incidenti non trasformatisi in infortunio, i cosiddetti “quasi infortuni” (near-miss) e “mancati infortuni” (near-hit). I rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro possono essere suddivisi in:
• rischi organizzativi (connessi alla necessità di conformità legislativa generica, individuando, per ogni luogo di lavoro, ogni adempimento necessario previsto dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro);
• rischi infrastrutturali (connessi alla necessità di conformità legislativa delle infrastrutture, individuando, per ogni luogo di lavoro, ogni necessità prevista dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fra cui l’allegato IV del D.Lgs.n. 81/2008);
• rischi logistici (connessi alla mancata conformità legislativa delle attrezzature individuando, per ogni attrezzatura, ogni necessità prevista dalla legislazio-ne vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fra cui l’allegato V del D.L-gs.n.81/2008);
• rischi lavorativi “generici” (connessi alle modalità con cui vengono eseguite le lavorazioni);
• rischi lavorativi “specifici” (connessi alle modalità con cui vengono eseguite le lavorazioni, ma per i quali esiste uno specifico riferimento legislativo da rispettare per la conduzione della valutazione dei rischi);
Le prime tre tipologie di rischi dovrebbero essere trattate con l’obiettivo di eliminare ogni non conformità legislativa, rilevata a seguito dei controlli, che verranno previsti nel seguito del documento di valutazione stesso.
La quarta tipologia di rischi deve essere trattata, con la applicazione di misure di prevenzione e protezione di vario tipo: comportamenti, dotazioni, sorveglianza sanitaria, procedure, informazione, formazione e addestramento, manutenzione, monitoraggio ecc.

Come fare
Viene definito dalle linee guida Inail «luogo di lavoro confinato» uno spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può accadere un incidente importante che può portare a un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (per esempio, gas, vapori, polveri).
Un’altra definizione, più schematica, viene introdotta dalla normativa americana Osha 1910.146, «Permit required confined spaces», che ha definito luogo (o spazio) di lavoro confinato come quello spazio che presenta tre caratteristiche:
• abbastanza grande e configurato in modo tale che un lavoratore possa accedervi interamente ed eseguire il lavoro assegnato;
• limitata o ristretta apertura per l’accesso o l’uscita;
• non progettato per un’attività lavorativa continua.

Genericamente, ma non esaustivamente, le caratteristiche di un «luogo confinato» sono:
• difficoltà di accesso tramite aperture di ingresso/uscita (passi d’uomo, pozzetti d’ispezione, boccaporti) dalle dimensioni ridotte e dall’ubicazione ergonomicamente disagevole;
• dimensioni fisiche spesso limitate;
• condizioni di ventilazione sfavorevoli (ricambi d’aria limitati, insufficienti o del tutto assenti; possibilità di ristagno, formazione o adduzione di inquinanti);
• illuminazione scarsa o assente;
• microclima e altre caratteristiche ergonomiche sfavorevoli;
• difficoltà di comunicazione ordinaria e in emergenza.

Per quanto riguarda l’accesso, è possibile desumere dalla norma Uni En 547-3:2009 «Sicurezza del macchinario – Misure del corpo umano- parte 3 – Dati antropometrici» la quale specifica i dati antropometrici, richiesti dalla Uni En 547-1 e dalla Uni En 547-2 per calcolare le dimensioni delle aperture di accesso utilizzate nel macchinario: una persona adulta occupa mediamente lo spazio di una elisse avente asse maggiore di 60 cm e asse minore di 45 cm. Queste dimensioni vanno aumentate qualora si preveda di utilizzare bombole o Dpi che aumentino gli ingombri. All’interno degli «luoghi confinati» si registra tragicamente un elevato numero di infortuni mortali, con varie cause.

Le fasi per la conduzione di una sistematica valutazione dei rischi nei luoghi confinati dovrebbero essere strutturate nel seguente modo:
• individuazione di ogni luogo confinato, con indicazione del suo uso passato e attuale;
• individuazione delle caratteristiche geometriche di ogni luogo confinato individuato;
• individuazione delle competenze del personale che può accedere in ogni luogo confinato individuato;
• individuazione dei pericoli e valutazione dei rischi in ogni luogo confinato individuato;
• individuazione delle misure di prevenzione e di protezione adatte, in ogni luogo confinato individuato;
• individuazione delle misure di controllo e monitoraggio in ogni luogo confinato individuato.

La locuzione «ogni luogo confinato individuato» è stata volutamente ripetuta per sottolineare la forte necessita di effettuare una valutazione specifica per ogni fatti-specie di accesso in luogo confinato individuato e non già una semplice generica, quanto sommaria, valutazione dei rischi disconnessa dalla reale situazione, che in genere risulta variabile non solo nello spazio geometrico, ma anche nel tempo: in questo modo risulta più possibile la risoluzione del problema dell’obbligo del committente di cui all’art.3, comma 1 del D.P.R. 177/2011, che così recita: «Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative di cui all’articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati a operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione ed emergenza adottate in relazione alla propria attività. L’attività di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno».È appena il caso di rilevare che, abitualmente, questo obbligo di “informazione” viene assolto in maniera del tutto generica e sommaria da parte del committente, fino a essere addirittura totalmente ignorato (e in tal caso andando a ricadere nel-lo stesso errore, che ha quasi sempre determinato la mole di infortuni mortali negli anni passati).

Individuazione di ogni luogo confinato, con indicazione del suo uso passato e attuale
Il Rspp, accompagnato dal datore di la-voro o dal suo incaricato, deve eseguire un accurato sopralluogo dei luoghi di la-voro, al fine di individuare aree definibili come «luoghi confinati» e di individuare per ognuno di quelli individuati tali tutte le attività che sono state svolte in passato e quelle attuali. In occasione dello stesso sopralluogo l’Rspp dovrebbe indagare presso il personale operativo più anziano, con lo scopo di individuare l’elenco di altre attività non riscontrate allo stato attuale (attività poco frequenti e/o attività svolte solo dal personale esterno). Dopo l’individuazione, ogni accesso al luogo confinato dovrebbe essere identificato, tramite l’apposizione di una cartellinistica monitoria, conforme alla norma tecnica Uni En Iso 7010:2012, che limiti l’accesso al-le sole persone autorizzate, riportandolo su una planimetria.

Individuazione delle caratteristiche geometriche di ogni luogo confinato individuato

In occasione dello stesso sopralluogo, do-vrebbe essere presa ogni possibile informa-zione sulle dimensioni geometriche di ogni luogo confinato individuato, richiedendo una planimetria dell’interno di ogni luogo confinato e rappresentando tutti i dati relativi.

Individuazione delle competenze e specializzazioni del personale che può accedere in ogni luogo confinato
Successivamente, devono essere definite le informazioni.

Individuazione dei pericoli e valutazione dei rischi in ogni luogo confinato
Quindi, in relazione alle attività lavorative da eseguire all’interno del luogo di lavoro confinato, si deve passare all’individuazione dei potenziali pericoli specifici del luogo di lavoro, quali: asfissia (anche meccanica) o intossicazione dovuta a esalazioni di sostanze tossiche o nocive o alla presenza di materiale, intrappolamento, eventuale presenza di elementi meccanici pericolosi, folgorazione, caduta dall’alto ecc., ai quali vanno a sommarsi i rischi propri delle attività lavorative previste.
Per ciascuno dei rischi specifici individuati si deve assegnare alla “gravità del pericolo” (G) un valore da 1 a 3 e alla probabilità di accadimento del pericolo (P) un valore da 1 a 4, elaborando una tabella.
La norma tecnica Uni 10449:2008 stabilisce i casi in cui deve essere predisposto un “Permesso di lavoro” :
• lavoro con divieto d’uso di fiamma o scintilla;
• lavoro implicante l’uso di fiamma – sorgente di calore – gas – liquidi o materiali infiammabili;
• lavoro di scavo;
• lavoro su circuiti e apparecchiature elettriche;
• lavoro negli spazi confinati

Individuazione delle misure di prevenzione e di protezione da adottare in ogni luogo confinato
Successivamente, in relazione ai rischi specifici presenti nel luogo di lavoro confinato, deve essere elaborata una tabella.

Individuazione delle misure di controllo e monitoraggio in ogni luogo confinato
L’individuazione delle misure di controllo e monitoraggio per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza viene definito in una tabella nella quale viene anche la periodicità dei controlli e dei monitoraggi individuati. Sulla base della precedente valutazione, per ogni punto di accesso deve essere elaborata una procedura di accesso e permanenza nel luogo confinato per poter eseguire le lavorazioni previste durante l’accesso in maniera sicura.

Procedura generale di valutazione e gestione dei rischi:
• valutazione dei rischi in ambienti confinati;
• principi generali per la corretta gestione dei rischi;
• modalità di esecuzione del lavoro

Sistemi e procedure di lavoro sicuri:
• nomina di un supervisore dei lavori e organizzazione con “permessi di lavoro”;
• impiego di operatori idonei al tipo di lavoro;
• localizzazione ed estensione del rischio;
• isolamento dell’ambiente confinato rispetto ad altri ambienti pericolosi;
• verifica dell’idoneità delle vie di accesso/uscita;
• ventilazione dell’ambiente;
• verifica dell’aria contenuta nell’ambiente confinato;
• risanamento/bonifica atmosfera dell’ambiente confinato;
• gestione dell’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi non eliminabili;
• utilizzo di autorespiratori;
• utilizzo di altri Dpi necessari;
• utilizzo di attrezzature di lavoro adegua-te alla specifica situazione e di attrezzature speciali;
• illuminazione;
• sistema di comunicazione;
• controllo e allarme;
• istruzioni di emergenza;
• modalità di accesso all’ambiente confinato;previsione e gestione delle emergenze.

Procedure di emergenza:
• idoneità degli addetti al soccorso;
• comunicazioni.

Equipaggiamenti di soccorso e rianimazione:
• servizio di pubblico soccorso;
• classificazione di pericolosità di ambienti confinati e relative procedure;
• procedura per zone a minimo rischio;
• procedura per zone a elevato rischio.

Gestione degli appalti
Nel caso in cui le lavorazioni previste vengano appaltate a fornitori, ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. n. 177/2011, deve essere loro fornita la valutazione dei rischi relativa al punto di accesso del luogo confinato, in cui deve svolgere le attività in appalto, fermo restando la necessita del preventivo controllo dei requisiti e delle capacità tecniche del fornitore:
• idoneità tecnico professionale;
esperienza attività in spazi confinati (il 30% della forza lavoro deve avere esperienza almeno triennale);
• informazione e formazione sui rischi legati all’attività in spazi confinati (compreso il datore di lavoro nel caso svol-gesse l’attività);
• addestramento per l’uso delle attrezzature utili all’accesso (imbracatura, apparecchi per la protezione delle vie respiratorie Apvr ecc.) secondi il tipo di rischio presente.
Edwards William Deming, il padre della qualità, a chi diceva «abbiamo fatto sempre così», rispondeva che era arrivata l’ora di cambiare.