Una proposta che parte dal Documento di Valutazione dei Rischi per essere più vicini alle esigenze dei lavoratori

 

Una legislazione divenuta corposa con l’accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 stabilisce una regola poco consona alla moltitudine di diversità organizzative esistenti, attraverso la sommaria suddivisione delle aziende in tre gruppi di rischio. E divenendo inefficace anche ai fini della gestione di quanto definito nel documento di valutazione

 

La sicurezza sul lavoro, relativamente all’obbligo di informazione, formazione e addestramento, fin dal 1955, con il punto b. dell’unico comma dell’articolo 4 del D.P.R. 547 del 27 aprile 1955 ha posto, fra gli obblighi del datore di lavoro (nonché dei dirigenti e dei preposti, forse troppo genericamente) l’obbligo di “rendere edotti i lavoratori”.
La locuzione “rendere edotti” è stata posta, pertanto, fra i tre capisaldi del comportamento virtuoso per la gestione della sicurezza di un datore di lavoro. Con l’approvazione del D.Lgs. 626 del 19 settembre 1994, questo approccio è stato confermato e sono stati introdotti due articoli, che specificavano le modalità di gestione della informazione (art. 21) e della formazione (art. 22). Inoltre, il D.Lgs. n .626/1994 conteneva specifici articoli, che richiedevano l’obbligo della formazione e informazione per quasi ognuna (mancava quella relativa ai Dpi e ai campi elettromagnetici) delle tipologie di rischi trattati:

  • art. 37 – Informazione (per uso delle attrezzature di lavoro);
  • art. 38 – Formazione ed addestramento (per uso delle attrezzature di lavoro);
  • art. 49 – Informazione e formazione (per movimentazione manuale dei carichi);
  • art. 49-nonies – Informazione e formazione dei lavoratori (per protezione da agenti fisici);
  • art. 56 – Informazione e formazione (per uso di attrezzature munite di videoterminali);
  • art. 59-terdecies. – Informazione dei lavoratori (per protezione da esposizione ad amianto);
  • art. 59-quaterdecies. – Formazione dei lavoratori (per protezione da esposizione ad amianto);
  • art. 66 – Informazione e formazione (per protezione da agenti cancerogeni);
  • art. 60-octies – Informazione e formazione (per protezione da agenti chimici);
  • art. 85 – Informazione e formazione (per protezione da agenti biologici).

Tuttavia, nelle aule di formazione sulla sicurezza dell’epoca, si soleva definire “informazione” un’attività di comunicazione “monodirezionale” finalizzata a trasmettere un contenuto (ad esempio, opuscoli informativi, poster, video, manuali di istruzione ecc.), mentre la “formazione” una attività di comunicazione “bidirezionale” ovvero finalizzata a ottenere un comunicazione di ritorno da parte del ricevente pressoché contemporanea (riunioni, conferenze ecc.).
Con il D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008, finalmente, sono state introdotte, all’articolo 2 commi aa), bb), cc), le definizioni di:

  • aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
  • bb) «informazione»: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili all’identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;
  • cc) «addestramento»: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro.

Inoltre, nel D.Lgs. 81/2008, all’articolo 33 è stata introdotta, fra i compiti del servizio di prevenzione e protezione, la necessità di specificare una proposta di informazione e formazione dei lavoratori, presumibilmente in relazione ai rischi individuati nel documento di valutazione di cui all’articolo 17 dello stesso decreto, nonché di fornire (inteso come “elaborare”) le informazioni di cui all’articolo 36 dello stesso decreto, sempre presumibilmente in relazione ai rischi individuati nel documento di valutazione di cui all’articolo 17. Fortemente innovativi sono stati i due articoli 36 e 37, con i quali sono state introdotte specifiche modalità per rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici, suddividendo la previsione di questo obbligo nelle due fattispecie della “informazione” (art. 36) e della “formazione” (art. 37).
Per quanto riguarda l’obbligo di informazione, nell’articolo 36, era stato esplicitato dettagliatamente che l’informazione ai lavoratori dovesse riguardare alcuni contenuti minimi “formali” (rischi per la salute e sicurezza connessi all’attività dell’impresa, procedure di emergenza, nominativi degli addetti alle emergenze, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente). Successivamente, al comma 2 dello stesso articolo 36, sono stati esplicitati meglio alcuni contenuti minimi legati all’attività svolta (rischi specifici, normative di sicurezza e disposizioni aziendali in materia, pericoli connessi all’uso delle sostanze e delle miscele pericolose, misure di protezione e prevenzione adottate). Mentre, per quanto riguarda la formazione, all’articolo 37, era stato esplicitato genericamente che la formazione ai lavoratori dovesse essere “sufficiente e adeguata” alle necessità aziendali, sulla gestione della sicurezza e salute (in termini di organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza) e sui rischi e sulle misure di prevenzione e protezione conseguenti, rinviando a un successivo provvedimento legislativo la definizione di durata e contenuti minimi e di modalità di erogazione della formazione.

Dal comma 3 dell’articolo 37 in poi vengono “snocciolate” (in una maniera fin troppo caotica) tutta una serie di disposizioni su:

  • introduzione del concetto di addestramento;
  • occasione in cui deve avvenire la formazione e l’addestramento;
  • ripetizione della formazione;
  • criteri di formazione di dirigenti e preposti (ex lett. d) ed e) dell’art. 2 del D.Lgs. 81/2008;
  • obbligo di formazione e (generico) aggiornamento degli addetti alle emergenze;
  • formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
  • collaborazione degli organismi paritetici;
  • comprensibilità dei contenuti della formazione;
  • libretto formativo del cittadino.

Inoltre, ancora il D.Lgs. 81/2008 ha ampliato il numero degli specifici articoli che richiedono l’obbligo della formazione e informazione per quasi ognuna delle fattispecie di rischio:

  • art. 73 – Informazione, formazione e addestramento (contro i rischi da uso di attrezzature di lavoro);
  • art. 77 comma 4 e 5 – Obblighi del datore di lavoro (sulla formazione e l’addestramento all’uso dei Dpi);
  • art. 136 comma 6, 7 e 8 – (formazione e addestramento per il montaggio e smontaggio di ponteggi sulla base dell’allegato XXI);
  • art. 145 comma 1 – (formazione per il disarmo delle armature);
  • art. 164 – Informazione e formazione (sulla segnaletica di sicurezza);
  • art. 169 – Informazione, formazione e addestramento (sulla movimentazione manuale dei carichi);
  • art. 177 – Informazione e formazione (per uso di videoterminali);
  • art. 184 – Informazione e formazione dei lavoratori (per esposizione ad agenti fisici – rumore e vibrazioni);
  • art. 195 – Informazione e formazione dei lavoratori (su rischi da esposizione a rumore);
  • art. 203 comma 1 lettera f) – Misure di prevenzione e protezione (su rischi da esposizione a vibrazioni);
  • art. 227 – Informazione e formazione per i lavoratori (per esposizione ad agenti chimici);
  • art. 239 – Informazione e formazione (per esposizione ad agenti cancerogeni);
  • art. 258 – Formazione dei lavoratori (per esposizione ad amianto);
  • art. 278 – Informazioni e formazione (per esposizione ad agenti biologici);
  • art. 286-sexies comma 1 – Misure di prevenzione specifiche (formazione sull’uso dei dispositivi medici taglienti);
  • art. 294-bis – Informazione e formazione dei lavoratori (sul rischio esplosione).La situazione attuale

Solo il 21 dicembre 2011, dopo lunghe operazioni preparatorie, ha visto la luce l’accordo tra i ministri del Lavoro e della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la formazione dei lavoratori, annunciato dal comma 2 dell’articolo 37 del D.Lgs. 81/2008. Questo accordo ha decliato l’argomento nei seguenti capitoli:

  • requisiti dei docenti;
  • organizzazione della formazione;
  • metodologia di insegnamento/apprendimento;
  • articolazione del percorso formativo dei lavoratori e dei soggetti di cui all’art. 21, comma 1 del D.Lgs. 81/2008;
  • formazione particolare aggiuntiva per il preposto;
  • formazione dei dirigenti;
  • attestati;
  • crediti formativi;
  • aggiornamento;
  • disposizioni transitorie;
  • riconoscimento della formazione pregressa;
  • aggiornamento dell’accordo.

Il problema su cui è interessante soffermare l’attenzione è al punto 4 dell’accordo, nel quale, prendendo a riferimento i settori Ateco viene introdotta una classificazione delle attività in tre macroaree, in relazione a tre classi di rischio (appositamente coniate: basso, medio alto) e viene stabilito un numero di ore di formazione minimo, costituito da una “formazione generica” di quattro ore, comune per tutte le classi di rischio e una “formazione specifica” di quattro ore oppure otto oppure 16 ore, secondo l’appartenenza della attività a una classe di rischio bassa o media o alta, «in funzione dei rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda» di cui ai titoli del D.Lgs. 81/2008. Da qui la “bagarre” fra gli interpreti circa l’applicazione in quanto nell’accordo, non essendo stati posti i contenuti e le durate della formazione strettamente posti in relazione ai rischi individuati nel documento di valutazione, di cui all’art. 17 del D.Lgs. 81/2008, il modello di gestione della formazione “minima” da erogare ai lavoratori appare di genericità estrema e largamente carente a perseguire l’obiettivo primario: la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore, soprattutto in quelle aziende con una numerosità e gravità dei singoli rischi particolarmente importante. Infatti, la maggior parte dei documenti di valutazione nemmeno contiene il capitolo riguardante l’indicazione della informazione e formazione dei lavoratori (la cui proposta, peraltro, risulta essere un obbligo per il Rspp, ai sensi dell’articolo 33 comma 1 lettera d) oppure vengono previsti generici contenuti slegati dai rischi individuati nello stesso documento e dalla loro gravità. È appena il caso di ricordare, ma non commentare, che successivamente si assistette a un fiorire di ulteriori provvedimenti e interventi riguardanti la formazione sulla sicurezza sul lavoro, contribuendo a chiarire o forse a complicare:

  • circolare 13/2012 del 05/06/2012 – Nozione organismi paritetici nel settore edile – Soggetti legittimati all’attività formativa;
  • decreto interministeriale 6 marzo 2013 – Criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro;
  • decreto interministeriale 27 marzo 2013
    – Semplificazione in materia di informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori stagionali del settore agricolo;
  • interpello n. 10/2013 del 24 ottobre 2013
    – Formazione addetti emergenze;
  • interpello n. 11/2013 del 24 ottobre 2013
    – Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011;
  • interpello n. 13/2013 del 24 ottobre 2013
    – Lavoro a domicilio;
  • circolare del 27 novembre 2013 prot. 37/0020791/MA008.A001 – Nozione di “trasferimento” ex art. 37, comma 4, lett. b), D.Lgs. 81/2008;
  • interpello n. 18/2013 del 20 dicembre 2013 – Obbligo di formazione, ai sensi dell’art. 37, dei lavoratori che svolgono funzioni di Rspp;
  • interpello n. 12/2014 del 11 luglio 2014
    – Formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, verifica finale dei corsi erogati in modalità e-learning;
  • interpello n. 4/2015 del 24 giugno 2015
    – Formazione e valutazione dei rischi per singole mansioni ricomprese tra le attività di una medesima figura professionale; 
  • interpello n. 13/2015 del 29 dicembre 2015 – Esonero del medico competente dalla partecipazione ai corsi di formazione per i lavoratori;
  • interpello n. 4/2016 del 21 marzo 2016
    – Formazione specifica dei lavoratori;
  • interpello n. 19/2016 del 25 ottobre 2016
    – Obbligo di designazione e relativa informazione e formazione degli addetti al primo soccorso.

La proposta

È necessario un caposaldo irrinunciabile: il fabbisogno formativo per la sicurezza dei lavoratori dovrebbe derivare dalla tipologia dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro cui vanno incontro nello svolgimento della loro attività lavorativa. Questi rischi non possono che essere individuati e descritti nel documento di valutazione di cui all’art. 17 del D.Lgs. 81/2008. Conseguentemente, fra le misure di prevenzione e protezione (o in un capitolo apposito) in esso contenute, dovrebbe essere definiti sia il tipo di informazione da praticare che il tipo e il quantitativo di formazione da erogare per ogni tipologia di rischio individuata e valutata per le varie fattispecie di attività lavorativa o le varie mansioni individuate. L’esempio di questa procedura potrebbe prevedere le seguenti fasi:

  • fase 1: individuazione dei rischi generici e dei rischi specifici per le varie mansioni;
  • fase 2: per ogni tipologia di rischio individuato, definizione della specifica formazione e della sua durata

Ovviamente la quantità delle ore risulta essere funzione del grado di rischio individuato (in precedenti fasi della valutazione).
Nel caso dei rischi organizzativi dei dirigenti e preposti, si è voluto rimanere conformi al dettato dell’accordo Stato-Regioni.
Mentre nel caso dell’aggiornamento obbligatorio, si è rimodulata la periodicità senza definire di più, ma è possibile definire un quantitativo di aggiornamento per ogni specifica fattispecie di rischio individuato. Il tutto a totale discrezione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale dovrebbe istituzionalmente possedere la competenza e la conoscenza idonee a potere definire il piano di gestione della formazione per la specifica azienda. Analogamente, si potrebbe procedere per la gestione dell’informazione, per la quale il Rspp, come recita la lettera f) del comma 1 dell’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008, avrebbe addirittura l’obbligo fornire le informazioni necessarie.
Per completezza dovrebbe essere pianificato anche il tipo di addestramento a cui dovrebbe essere sottoposto il personale.

Conclusioni
La proposta nasce dalla constatazione della necessità di una più coerente modalità di organizzazione della informazione e formazione per la sicurezza e salute sul lavoro, in relazione ai rischi individuati nel documento di valutazione, di cui all’art.17 del D.Lgs. 81/2008 aziendale.
Infatti, normalmente, l’attuale modalità viene improntata sul modello fornito dall’accordo Stato- Regioni del 21 dicembre 2011, che definisce la formazione per la sicurezza e salute sul lavoro in relazione semplicemente a una generica classe di appartenenza dell’azienda, limitandone l’estensione della durata al massimo a 12 ore, anche nei casi in cui i rischi presenti consiglierebbero maggiore approfondimento. Nulla impedisce che ogni Rspp, all’interno del documento di valutazione possa estendere la “proposta” di informazione e formazione (obbligatoria in base alla lettera d del comma 1 dell’art.1 del D.Lgs. 81/2008), rendendola più correlata con i rischi che ha individuato nella specifica azienda, ottenendo così una maggiore “copertura” sia delle esigenze di sicurezza del lavoratore nello svolgimento delle sue attività lavorative sia delle garanzie di sicurezza del datore di lavoro verso i lavoratori impiegati nelle proprie attività.