Adempimenti: la comunicazione telematica all’Inail finalizzata alla tutela

Uno strumento indispensabile agli organismi pubblici della prevenzione per conoscere il tipo di rischio al quale gli operatori sono stati sottoposti nel corso della loro attività lavorativa. Ecco come procedere

Il registro degli esposti all’amianto rappresenta uno strumento informativo che permette agli enti pubblici di prevenzione di conoscere tutte le persone che, durante la loro attività lavorativa, sono state esposte al rischio amianto; deve riportare informazioni quali l’attività svolta dai lavoratori, i dati relativi agli agenti cancerogeni o mutageni utilizzati e il valore dell’esposizione a questi agenti, se noto, in termini di intensità, frequenza e durata. Queste informazioni possono essere utilizzate dagli utenti per scopi sanitari, assicurativi e previdenziali. Infatti, è facoltà del datore di lavoro richiedere agli stessi enti copia delle annotazioni individuali, contenute nel registro, in caso di assunzione di lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportavano esposizione ad amianto. Recentemente è stato introdotto l’obbligo di trasmissione del registro di esposizione unicamente per via telematica.

Le precedenti norme di riferimento
L’ormai abrogato D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (recante «Attuazione delle direttive 89/391/Cee, 89/654/Cee, 89/655/Cee, 89/656/Cee, 90/269/Cee, 90/270/Cee, 90/394/Cee, 90/679/Cee, 93/88/Cee, 95/63/Ce, 97/42/Ce, 98/24/Ce, 99/38/Ce, 99/92/ Ce, 2001/45/Ce, 2003/10/Ce, 2003/18/Ce e 2004/40/Ce riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro») all’articolo 59-sexiesdecies. «Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio» prevedeva, tra l’altro:
• l’obbligo, per il medico competente, di provvedere a istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio per ciascuno dei lavoratori esposti ad amianto;
• l’obbligo, per il datore di lavoro, di iscrivere i lavoratori esposti in un registro;
• l’obbligo, per il datore di lavoro, in caso di cessione del rapporto di lavoro, di trasmettere all’Ispels la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro.
Il successivo articolo 70 «Registro di esposizione e cartelle sanitarie”, inoltre, specificava in particolare i contenuti del registro nonché i relativi obblighi del datore di lavoro e del medico competente.

I modelli
Il D.M. Salute 12 Luglio 2007, n. 155, recante il «Regolamento attuativo dell’articolo 70, comma 9, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Registri e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro ad agenti cancerogeni» ha definito le modalità e i modelli per la tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni e la creazione da parte del medico competente della cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, prevedendo che i dati relativi agli accertamenti e la conseguente registrazione degli stessi possano essere trattati esclusivamente per le finalità di igiene e sicurezza del lavoro.
Questi modelli di tenuta del registro sono i seguenti:

• modello C626/1: dati anagrafici del datore di lavoro, sintesi delle principali caratteristiche dell’azienda (attività produttiva, agente utilizzato, addetti ecc.);

• modello C626/2: registrazione delle informazioni riguardanti i dati anagrafici di ogni lavoratore, l’attività svolta, l’agente utilizzato, l’intensità, la frequenza e la durata dell’esposizione;

• modello C626/3: comunicazione di variazioni intervenute nelle informazioni che caratterizzano l’azienda;

• modello C626/4: (qualora il lavoratore non ne sia in possesso): richiesta delle “annotazioni individuali” in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni presso altra azienda;

• Il decreto ha anche elaborato le specifiche per la compilazione dei modelli dei suddetti modelli, cui occorre fare pedissequo riferimento. Analogamente, il decreto in questione ha introdotto il modello per la compilazione delle cartelle sanitarie e di rischio.

Il rapporto con il D.Lgs. 81/2008
Come noto, il testo unico scurezza, vale a dire il D.Lgs n. 81/2008 recante «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», ha abrogato molte norme relative a numerosi precedenti dispositivi legislativi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo principi di uniformità, riunione e armonizzazione. Ciò premesso, ai sensi degli articoli 242 e 243 del capo II «Protezione da agenti cancerogeni e mutageni», del titolo IX «Sostanze pericolose» del testo unico sicurezza, i lavoratori per i quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria e sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a questo agente. Il suddetto registro è istituito e aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a questo registro. Il medico competente, per ciascuno di questi lavoratori, provvede a istituire e ad aggiornare una cartella sanitaria e di rischio.

Che cosa sono le Esedi
Innanzitutto, ai sensi dell’articolo 249 del capo III «Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto» del medesimo titolo IX, è ribadito che, ai sensi dell’articolo 28, il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi dovuti alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare. Inoltre, sempre ai sensi del suddetto 249, purché si sia in presenza di esposizioni sporadiche dei lavoratori e di debole intensità e si possa desumere dalla stessa valutazione dei rischi che il valore limite di esposizione all’amianto (0,1 fibre/c.c.), misurata in rapporto a una media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore, non sia superato nell’aria dell’ambiente di lavoro, si può prescindere dalla notifica dei lavori, dall’obbligo del ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro e, in ogni caso, al di sotto del valore limite, dalla sorveglianza sanitaria dei lavoratori e dall’iscrizione dei lavoratori nel registro degli esposti ad amianto, nel caso delle seguenti attività:
• manutenzioni di breve durata, non continuative, che interessano unicamente i materiali contenenti amianto in matrice non friabile (come, per esempio, coperture e canne fumarie in cemento amianto, pavimenti in vinyl amianto ecc.);
• rimozione che non comporti deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate a una matrice (quindi, per i manufatti indicati al punto precedente);
• incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;
• sorveglianza, controllo dell’aria e prelievo di campioni ai fini dell’accertamento
della presenza di amianto in un determinato materiale.
Il testo unico sicurezza prevede poi, al comma 4 del medesimo articolo 249, che la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza, istituita presso il ministero del Lavoro per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, deve provvedere a definire orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità relative alle attività indicate.
Inoltre, l’articolo 253 precisa che, per garantire il rispetto del valore limite di 0,1 fibre/ c.c. di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi, il datore di lavoro deve effettuare periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro, aggiungendo, però, rispetto alle precedenti disposizioni, che questo vale tranne nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità. Da un lato, poi, il legislatore estende l’obbligo dell’uso dei Dpi delle vie respiratorie anche alle attività con esposizioni sporadiche e di debole intensità, come indicato all’articolo 251, e, d’altro canto, per queste stesse attività, il datore di lavoro non è tenuto a effettuare periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro, come previsto dall’articolo 253, quindi, in questi casi non si saprà mai se il valore limite è eventualmente ed eccezionalmente superato.
Successivamente, con la circolare, prot. n. 15/segr/0001940, del 25 gennaio 2011, «in ordine all’approvazione degli orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità (Esedi) all’amianto nell’ambito delle attività previste dall’art. 249 commi 2 e 4, del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 come modificato e integrato dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106», il ministero del Lavoro, Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro ,ha disciplinato le attività Esedi introdotte dall’ormai abrogato D.Lgs. n. 257/2006 e ora riportate nel testo unico sicurezza.
Questa circolare identifica le Esedi, di cui all’articolo 249 comma 2 del D.Lgs. 81/2008, nelle attività che vengono effettuate per un massimo di 60 ore l’anno, per non più di quattro ore per singolo intervento e per non più di due interventi al mese, e che corrispondono a un livello massimo di esposizione a fibre di amianto pari a 10 f/L calcolate rispetto a un periodo di riferimento di otto ore.
La durata dell’intervento si intende comprensiva del tempo per la pulizia del sito, la messa in sicurezza dei rifiuti e la decontaminazione dell’operatore. All’intervento non devono essere adibiti in modo diretto più di tre addetti contemporaneamente e, laddove ciò non sia possibile, il numero dei lavoratori esposti durante l’intervento deve essere limitato al numero più basso possibile. Pertanto, la commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza, tramite il comitato n. 9, ha stabilito che le su indicate attività Esedi devono avere al massimo:

• una durata giornaliera di quattro ore per ciascun intervento;

• una durata mensile di otto ore pari a due interventi di, al massimo, quattro ore ciascuno;

• una durata annua di 60 ore, corrispondente a 15 interventi al massimo di quattro ore ciascuno, nell’ipotesi di non più di due interventi al mese;

• e che corrispondono a un livello massimo di esposizione a fibre di amianto pari a 10 f/l = 0,01 fibre/cm3, determinato in un periodo di riferimento di otto ore, pari quindi a un decimo del valore limite di 0,1 fibre/cm3.

La commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza precisa altresì che la durata dell’intervento, definita in quattro ore, deve essere comprensiva del tempo per la pulizia del sito, la messa in sicurezza dei rifiuti e la decontaminazione dell’operatore e che a ciascun intervento non devono essere adibiti in modo diretto più di tre addetti contemporaneamente e, laddove ciò non sia possibile, il numero dei lavoratori esposti durante l’intervento deve essere limitato al numero più basso possibile, che del resto è precisato dall’articolo 251 del testo unico sicurezza, comma 1, lettera a) («il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile»).
In base alle procedure utilizzate dall’Inail per attuare gli indirizzi valutativi dell’esposizione, così come fissati dal ministero del Lavoro, è possibile procedere al calcol della presunta esposizione all’amianto da parte del singolo lavoratore identificato. I presupposti di questo calcolo sono i seguenti:

• la durata di un turno giornaliero è posta pari a otto h;

• in un anno si hanno 240 giornate lavorative.

Inoltre, ponendosi in una situazione estrema, vale a dire considerando nella fattispecie 15 esposizioni occasionali in un anno di durata non superiore a quattro ore (ovviamente non più di due interventi mensili di quattro ore ciascuno), pari a un’esposizione massima annuale di 60 ore, come previsto dalla commissione, si avrebbe una concentrazione media giornaliera di fibre di amianto alla quale il lavoratore sarebbe stato esposto durante l’anno pari a una concentrazione media giornaliera delle fibre molto al di sotto del valore limite di legge, pari a 0,1 fibre/cm3, pertanto il lavoratore, secondo i canoni Inail, non potrebbe essere considerato “esposto all’amianto”, ai sensi e per gli effetti delle leggi vigenti, anche se questo contrasta con quanto riportato al punto 4b) del D.M. 06 settembre 1994: «ai sensi delle leggi vigenti, il personale addetto alle attività di manutenzione e di custodia deve essere considerato professionalmente esposto ad amianto».

Lo strumento
Ai sensi dell’articolo 260 del suddetto apo III del medesimo Tu, il datore di lavoro deve iscrivere nel registro degli esposti i lavoratori per i quali, nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre nell’ambiente e l’uso di idonei Dpi, nella valutazione dell’esposizione abbia accertato che l’esposizione è stata superiore, all’interno del Dpi, a un decimo del valore limite di 0,1 fibre/c.c. di aria, vale a dire 0,01 f/c.c., pari a 10 f/litro, e qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un’esposizione anomala di lavoratori per cui gli stessi devono abbandonare immediatamente l’area interessata. Una volta iscritti i lavoratori nel registro, il datore di lavoro deve trasmettere una copia dello stesso registro agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali o territoriali e all’ex Ispesl (la legge 30 luglio 2010, n. 122, di conversione con modificazioni del decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, prevede l’attribuzione all’Inail delle funzioni già svolte dall’Ispels).
Generalmente, i servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (Spsal) delle aziende sanitarie verificano la completezza della documentazione e possono eventualmente richiedere integrazioni o effettuare un sopralluogo ispettivo. Il suddetto testo unico ribadisce altresì in modo chiaro che l’iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea, poiché deve essere perseguito l’obiettivo della non permanente condizione di esposizione superiore a quella consentita.
A questo punto, è doveroso esprimere un parere personale, reso più volte pubblico2, osservando pertanto che la precisazione introdotta dal legislatore, già con la prima versione del D.Lgs. n. 81/2008, sulla temporaneità dell’iscrizione degli operatori amianto nel registro degli esposti, rappresenta una novità sia rispetto alle precedenti norme dell’abrogato decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 257, recante «Attuazione della direttiva 2003/18/Ce relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione all’amianto durante il lavoro», sia rispetto al contenuto del D.M. Salute 12 luglio 2007, n. 155. All’opposto, dovrebbe essere un diritto dei lavoratori della bonifica e smaltimento dell’amianto essere iscritti, sempre e comunque, nel registro degli esposti, a prescindere dal livello di esposizione, poiché non sempre è possibile accertare in modo deterministico quale sia stata la loro effettiva esposizione nel corso dei diversi anni. Inoltre, questa “temporaneità d’iscrizione nel registro degli esposti” contrasta apertamente con la notoria constatazione che l’effetto neoplastico non ha, teoricamente, valori di soglia (sono proprio i docenti medici che, nei corsi per operatori e coordinatori amianto, affermano spesso che «è sufficiente una fibra per contrarre la patologia», anche se è più corretto e accettabile ragionare in termini di durata e grado di esposizione.

Il D.Lgs. n. 81/2008, invece, non garantisce pienamente gli operatori e i coordinatori amianto, in particolar modo quelli addetti alle operazioni di bonifica da amianto compatto che, notoriamente, sono soggetti a bassi valori di concentrazione di fibre d’amianto. Infatti, in base all’attuale testo unico sicurezza, questi lavoratori potrebbero non essere mai iscritti nel registro degli esposti perché sarà agevole accertare, da parte del datore di lavoro, che gli stessi non hanno mai subito un’esposizione superiore al limite di legge e, quindi, non avranno più nemmeno il diritto alla sorveglianza sanitaria, a discrezione del medico competente, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, come invece prevedeva la norma precedente (art. 59-quinquiesdecies D.Lgs. n. 626/1994, introdotto dal D Lgs. n. 257/2006).
In base al testo unico sicurezza altresì, il datore di lavoro, su richiesta, deve fornire, agli organi di vigilanza e all’Inail, una copia del registro. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro deve trasmettere, per il tramite del medico competente, all’Inail la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro.

L’Inail è tenuto a conservare i documenti sanitari per un periodo di quarant’anni dalla cessazione dell’esposizione. Pertanto, in base alla normativa attuale, si è tenuti a iscrivere i lavoratori nel registro degli esposti solo se ricorrono le condizioni suddette e, nel caso di iscrizione, il datore di lavoro è tenuto a trasmettere copia del registro agli organi di vigilanza e all’Inail e fornirlo su richiesta degli stessi enti, ma non è prevista una cadenza annuale di presentazione del registro.
La conservazione dei dati sanitari raccolti deve poi essere assicurata, come detto, per 40 anni dalla cessazione del lavoro comportante esposizione ad agenti cancerogeni, oppure per 30 anni ove cessi un lavoro comportante esposizione a radiazioni ionizzanti, e dovranno essere cancellati successivamente a questo termine dalla cartella sanitaria solo nel caso in cui questi dati non risultano indispensabili, quale fonte d’informazione polivalente in relazione alla relativa esposizione anche ad agenti cancerogeni.

Si fa altresì presente che la responsabilità dell’invio della documentazione è sempre del datore di lavoro perché il medico competente ne rappresenta soltanto il “tramite” per l’invio (articolo 260, comma 3, D.Lgs. 81/2008: «Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, trasmette all’Ispels, per il tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1»).
Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, nell’eventualità di mancata trasmissione all’Inail, tramite il medico competente, della cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro degli esposti, il datore di lavoro e il dirigente dell’impresa sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro.

La modalità telematica
Il decreto interministeriale 25 maggio 2016 n. 183, recante il «Regolamento recante regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sinp, nonché le regole per il trattamento dei dati, ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81», tratta appunto delle regole tecniche per il funzionamento del sistema informativo per la prevenzione degli infortuni (Sinp) e prevede l’acquisizione telematica da parte dell’Inail dei dati contenuti nei Registri di esposizione, a partire dal 12 ottobre 2017. A tale scopo, è stato realizzato un servizio informatizzato per la trasmissione, da parte del datore di lavoro, dei registri di esposizione, accessibile tramite i servizi online del portale istituzionale dell’Inail.
L’introduzione del registro online consente di rendere immediatamente disponibili, oltre che all’Inail, ai servizi di prevenzione delle Asl territoriali, le informazioni contenute nei registri di esposizione delle singole imprese.

La circolare Inail 12 ottobre 2017, n. 43
La circolare Inail 12 ottobre 2017, n. 43, riportale informazioni più dettagliate sulle modalità di trasmissione telematica dei registri.
In particolare, ai fini dell’adempimento di quanto previsto dalla normativa vigente nei confronti di Inail e delle aziende sanitarie locali competenti per territorio, in una prima fase, a decorrere dal 12 ottobre 2017, con questo provvedimento l’Inail ha reso possibile al datore di lavoro titolare di posizione assicurativa territoriale (Pat), nonché ai soggetti abilitati dal datore di lavoro stesso, di utilizzare il nuovo servizio telematico “registro di esposizione”.
Gli altri datori di lavoro pubblici e privati, comunque assoggettati al medesimo obbligo, fino al 13 maggio 2018, hanno avuto la possibilità di inoltrare i dati afferenti al registro di esposizione tramite Pec, utilizzando il modello disponibile sul sito istituzionale dell’Inail, procedendo a un unico invio contestuale tramite posta certificata all’istituto, (all’indirizzo dmil@postacert. INAIL.it) e all’indirizzo di posta certificata
della Asl (Ast) territorialmente competente, sulla base dell’unità produttiva. Inoltre, la circolare in questione precisa che i dati contenuti nei registri di esposizione cartacei trasmessi entro l’11 ottobre 2017, così come i dati dei registri di esposizione ricevuti tramite Pec dopo la suindicata data, sono inseriti all’interno del precedente archivio informatico e che sarebbero stati resi disponibili nel registro online entro il mese di marzo 2018.
Il datore di lavoro e i suoi delegati possono inserire, modificare, visualizzare i dati e trasmettere il registro mentre il medico competente, qualora abilitato dal datore di lavoro all’utilizzo del nuovo servizio online può inserire, modificare e visualizzare i dati ma non può effettuare la trasmissione del Registro che rimane in carico al datore di lavoro e ai suoi delegati.
È inoltre possibile preimpostare i dati anagrafici delle aziende e delle unità produttive, al fine di agevolare i datori di lavoro nel processo di compilazione e trasmissione del registro. Sono poi state inserite funzioni
di facilitazione nella selezione per il settore economico (Ateco) e per la scelta e inserimento della professione e mansione del lavoratore esposto. È stata, altresì, prevista una funzione specifica per consentire di aggiungere le annotazioni individuali per singolo lavoratore esposto, prestante servizio per l’unità produttiva selezionata.

La circolare Inail 15 maggio 2018, n. 22
Con la circolare 15 maggio 2018, n. 22, a decorrere dal 14 maggio 2018, l’Inail ha consentito anche ai datori di lavoro, non titolari di posizione assicurativa territoriale (Pat), la trasmissione telematica alla stessa Inail e alla Asl (Ast) territorialmente competente sulla base dell’unità produttiva, al posto della Pec, di modo che il registro online è immediatamente accessibile ai funzionari dei servizi di prevenzione delle aziende sanitarie locali tramite l’inserimento delle credenziali in loro possesso nell’area dei servizi online del sito web dell’Inail.
Inoltre, questa seconda circolare precisa che l’Istituto sta progressivamente rendendo disponibili, nel relativo applicativo informatico registro di esposizione, i dati dei registri che i datori di lavoro hanno trasmesso in formato cartaceo e che saranno progressivamente inseriti anche i dati dei registri di esposizione pervenuti all’Istituto tramite Pec entro la data del 13 maggio 2018.