Di cosa si tratta
L’autorizzazione unica ambientale (Au-a) è un provvedimento abilitativo istituito con D.P.R. 29 maggio 2013, n. 591 al fine di semplificare gli adempimenti autorizzativi per le imprese. L’Aua, infatti, costituisce un “contenitore” all’interno del quale so-no confluite più autorizzazioni e comunicazioni ambientali che, in precedenza, dove-vano essere richieste singolarmente. Sono sette le categorie di autorizzazioni sostituite dall’Aua. Il gestore di un impianto deve oggi richiedere questa “nuova” autorizzazione per ottenere anche solo una delle “vecchie”.
Relativamente al momento dal quale diventa obbligatorio il regime Aua, è necessario fare una precisazione. Se l’obbligatorietà di questo regime inizia chiaramente a decorrere dall’entrata in vigore del D.P.R. n. 59/2013, tuttavia per le attività già avviate prima dell’introduzione della disciplina Aua, «l’autorizzazione unica ambientale può essere richiesta alla scadenza del primo titolo abilitativo da essa sostituito», così come disposto dall’art. 10, comma 2, D.P.R. n. 59/2013. Con la circolare del ministero dell’Ambiente 7 novembre 2013, n. 00498013 è stato successivamente chiarito che, con questa indicazione, il Legislatore non ha inteso rendere facoltativo il regime Aua, bensì solo posticipare l’obbligo per il gestore di presentare domanda di Aua alla scadenza del primo titolo abilitativo sostituito dalla stessa. Nella medesima circolare si è, inoltre, chiarito che il gestore non debba attendere la scadenza del titolo sostituito, ma presentare la prima istanza di Aua nel termine preventivo eventualmente previsto per il rinnovo del provvedimento autorizzativo esistente e sostituito (ad esempio, in materia di scarichi l’art. 124, D.L-gs. n. 152/2006, prevede che il rinnovo sia chiesto un anno prima della scadenza). Ciò al fine di poter continuare l’attività anche in caso di mancata risposta, nei termini di legge, sulla richiesta di primo rilascio dell’Aua.
Chi può richiederla
L’art. 1, D.P.R. n. 59/2013, al momento di determinare l’ambito di applicazione della disciplina Aua, fa esplicito riferimento alle sole piccole e medie imprese (Pmi), come individuate dal D.M. 18 aprile 2005. Tutta-via, con la circolare del ministero dell’Am-biente 7 novembre 2013, n. 0049801 sopra citata, il dicastero ha precisato che questa disciplina trova, in realtà, applicazione anche nei confronti delle grandi imprese, qualora non soggette ad autorizzazione in-tegrata ambientale. In altre parole, l’ambito di applicazione della disciplina Aua è determinabile per sottrazione, nel senso che ne sono esclusi solo:
• gli impianti soggetti ad Aia;
• i progetti che siano già sottoposti a valutazione di impatto ambientale, laddove la normativa statale o regionale preveda che la stessa Via comprenda e sostituisca tutti gli atti di assenso in mate-ria ambientale. In soli due casi la richiesta di Aua è facoltativa:
• quando le attività svolte nell’impianto sono soggette a sole comunicazioni;
• quando le attività svolte nell’impianto sono soggette solo all’autorizzazione generale di cui all’art. 272, D.Lgs. n. 152/20064.In questi casi, il gestore può optare tra il “vecchio” regime autorizzativo e l’Aua.
Alle autorità competenti è poi lasciata la possibilità di estendere l’ambito di applicazione dell’Aua ad altri provvedimenti autorizzativi; è stato, tuttavia, chiarito in linee guida dedicate5 che il D.P.R. n. 59/2013 non dovrebbe trovare applicazione per quei procedimenti che già si caratterizzano per l’“unicità”, tra i quali, ad esempio, l’autorizzazione unica per impianti di gestione rifiuti (art. 208, D.Lgs. n. 152/2006).
Contenuto, durata e costi
Entrando nel merito dei contenuti del provvedimento, il D.P.R. n. 59/2013 rimanda alle discipline di settore, disponendo che «l’autorizzazione unica ambientale contiene tutti gli elementi previsti dalle normative di settore per le autorizzazioni e gli altri at-ti che sostituisce» (art. 3, comma 5).
In altre parole il D.P.R. ribadisce come l’Aua sia solamente un provvedimento “contenitore” che sostituisce formalmente le singole autorizzazioni e comunicazioni, ma che, dal punto di vista sostanziale, continuano a trovare applicazione le discipline settoriali, anche sul piano sanzionatorio. Ai sensi dell’art. 3, l’autorizzazione deve poi definire «le modalità per lo svolgimento delle attività di autocontrollo, ove previste, individuate dall’Autorità competente, tenendo conto della dimensione dell’impresa e del settore di attività». Ad esempio, i gesto-ri degli impianti autorizzati in Aua che possiedono scarichi contenenti sostanze pericolose (ex art. 108, D.Lgs. n. 152/2006) so-no chiamati a presentare, sempre ai sensi dell’art. 3, comma 5, D.P.R. n. 59/2013, una comunicazione contenente gli esiti delle attività di autocontrollo all’autorità competente, con cadenza quadriennale.
L’autorità può, quindi, procedere all’aggiornamento/modifica dell’autorizzazione stessa qualora alla comunicazione emerga che l’inquina-mento provocato dall’attività e dall’impianto è tale da renderlo necessario, senza che ciò modifichi la durata dell’autorizzazione.Venendo alla durata, l’autorizzazione unica ambientale ha validità di quindici anni a decorrere dalla data del rilascio. Questa scadenza sostituisce quelle diverse pre-viste dalle discipline settoriali delle singole ipotesi autorizzatorie confluite nell’Aua. Decorsi i quindici anni, l’autorizzazione può essere rinnovata presentando, almeno sei mesi prima della scadenza, apposita istanza contenente la documentazione aggiornata (con la possibilità di limitarsi a richiamare quanto già in possesso dell’autorità, se le informazioni non sono variate nel tempo). Presentata l’istanza di rinnovo nei termini, fatta salva diversa previsione contenuta nel-la specifica normativa di settore, l’impianto potrà continuare a operare sino all’ottenimento del relativo provvedimento. Come già per l’Aia, peraltro, anche il D.P.R. n. 59/2013 dispone che l’autorità competente possa imporre al gestore una revisione dell’Aua prima della scadenza quando:
• le prescrizioni stabilite nella stessa impediscono o pregiudicano il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
• nuove disposizioni legislative comunitarie, statali o regionali lo esigono.Infine, con riferimento ai costi della stessa, il soggetto richiedente sostiene le spese e i costi dei diritti connessi ai provvedimenti racchiusi nell’autorizzazione unica ambientale.
Possono essere previsti ulteriori oneri istruttori, ma la somma dei costi non può superare quanto complessivamente si pagava prima dell’avvento dell’Aua per i singoli titoli abilitativi da essa sostituiti.
Presentazione della domanda di Aua
Il modello
In linea con quanto sopra illustrato, la stessa domanda per ottenere il provvedimento autorizzativo deve contenere tutte le infor-mazioni richieste dalle relative discipline di settore. A questo fine, come richiesto dall’art. 10, comma 3, D.P.R. n. 59/2013, con D.P.C.M. 8 maggio 2015 è stato predisposto un modello unico nazionale ad hoc al quale le regioni hanno dovuto adeguarsi. Si tratta di un modulo funzionale, appunto, a uniformare i modelli già utilizzati dalle diver-se amministrazioni regionali e a sostituire i sette moduli, relativi alle altrettante autorizzazioni rimpiazzate dall’Aua, con un unico modello più snello, chiaro e intuitivo da presentare attraverso i sistemi telematici.
Il modello si compone di una parte generale e di otto schede da allegare all’istanza, relative alle diverse autorizzazioni sostituite dall’Aua per le quali si fa richiesta. Non è, invece, necessario allegare queste schede qualora le condizioni di esercizio dell’impianto non siano mutate rispetto al precedente titolo autorizzativo, essendo in tal caso sufficiente predisporre una dichiarazione di invarianza. È di fondamentale importanza – per le imprese e, soprattutto, per chi materialmente sottoscrive la domanda di autorizzazione unica ambientale – tener conto che queste dichiarazioni hanno valore di “autocertificazione” ai sensi degli artt. 46 e 47, D.P.R. n. 445/2000. Di conseguenza, un’eventuale dichiarazione non veritiera può comportare l’applicazione di una sanzione penale nei confronti di colui che ha e ettuato tale “autocertificazione”.Si rileva, inoltre, che, ove espressamente in-dicato nel modello, le sezioni da compilare e le informazioni da inserire possono variare sulla base delle specifiche discipline regionali, conformemente alla possibilità data alle Regioni di estendere l’ambito di appli-cazione dell’Aua ad altri titoli autorizzativi o comunicazioni. Si segnala, infine, che, a pagina 41 del modello unificato, é riepilogata la documentazione da accludere a cia-scuna delle schede tecniche previste, a cui si rimanda per i contenuti di dettaglio. Solo con riferimento ad alcune schede tecniche sono proposti degli schemi per la predisposizione della relazione tecnica.
La procedura
Quanto alla procedura da seguire, la domanda deve essere presentata per via telematica al Suap (sportello unico attività produttive) del Comune ove si trova l’impianto.
Il Suap ne cura poi la trasmissione, sempre per via telematica, all’autorità competente – ovvero la provincia, salvo che la disciplina regionale attribuisca competenza a una diversa autorità – che gestisce la fase di autorizzazione, adottando il provvedimento finale e trasmettendolo al Suap che poi rilascia il titolo. Allo sportello unico è, quindi, attribuito un importante ruolo di coordinamento; è, pertanto, fondamentale che l’attività dello stesso sia svolta tempestivamente, in quanto i termini procedimentali decorrono dalla domanda presentata dall’istante indipendentemente da eventuali ritardi del Suap nella trasmissione della documentazione agli altri enti.
Il procedimento è diversificato in funzione della durata dei procedimenti per il rilascio dei provvedimenti sostituiti (inferiore o superiore a 90 giorni) nonché in funzione della necessità di acquisire o meno altri titoli abilitativi oltre all’autorizzazione unica ambientale (laddove sia necessario acquisire diversi titoli abilitativi, il ruolo del Suap diviene più rilevante). La disciplina del procedimento è scandita dai commi 4 e 5 dell’arti-colo 4, D.P.R. n. 59/2013, recentemente modificati dal D.Lgs. n. 127/2016, che ha ampliato i casi di obbligatoria indizione della conferenza di servizi7. Quanto, infine, alle eventuali modifiche previste per l’impianto nel regime di validità dell’Aua, la disciplina dettata dall’art. 6, D.P.R. n. 59/2013, ricalca in larga parte quella propria dell’A-ia ed è illustrata nella figura 5. Alle autorità competenti è poi lasciata la possibilità di definire, nel rispetto delle norme di settore vigenti, ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali e indi-care modifiche non sostanziali per le quali non vi è nemmeno l’obbligo di effettuare la comunicazione.
Consigli finali per le aziendeIn definitiva, l’azienda che voglia presentare domanda di Aua deve:
• prepararsi per tempo, ovvero non attendere la scadenza del titolo sostituito, bensì presentare la prima istanza di Aua nel termine preventivo eventualmente previsto per il rinnovo del provvedimento autorizzativo esistente e sostituito;
• qualora sia in possesso di scarichi contenenti sostanze pericolose (ex art. 108, D.Lgs. n. 152/2006), provvedere con cadenza quadriennale alla presentazione all’autorità competente di una comunicazione contenente gli esiti delle attività di autocontrollo;
• compilare attentamente la stessa consapevoli che, in caso di predisposizione di una dichiarazione di invarianza, l’eventuale non veridicità della stessa può comportare l’applicazione di una sanzione penale nei confronti di colui che ha effettuato questa “autocertificazione”;
• successivamente alla presentazione del-la prima domanda di Aua, quando altre autorizzazioni sostituite dall’Aua giungo-no in scadenza, far confluire le stesse in Aua (ricordandosi sempre di presentare la domanda nel termine preventivo di cui al primo punto).